Martin Castrogiovanni potrebbe avere giocato per anni per la Nazionale di rugby dell’Italia senza averne alcun diritto. Il giocatore, che si è ritirato nel 2016, è nato in Argentina, ma la sua famiglia è originaria di Enna, in Sicilia, come testimonia anche il cognome stesso (la città, infatti, un tempo veniva chiamata proprio “Castrogiovanni”). È grazie ai suoi avi italiani che ha potuto ottenere la cittadinanza, ma pare che essa adesso non sia più così scontata. Le attuali norme del World Rugby, come riassunto dalla Gazzetta dello Sport, prevedono infatti che per essere eleggibili sia necessario che almeno uno dei nonni sia nato nel Paese di riferimento.



Pare che, invece, soltanto i bisnonni dell’italo-argentino fossero nati a Enna. Le dichiarazioni rilasciate dal diretto interessato in merito, in passato, hanno rivelato questo. “Siamo italiani grazie al bisnonno Angelo. Aprì prima un supermercato e poi, lavorando molto come tanti altri immigrati, fece un po’ di soldi. Nonno José Maria, invece, è morto nell’ ottobre 2006. Ed è stato il momento più triste della mia vita”, ha raccontato in un’intervista pubblicata su Sportweek nel 2009.



Martin Castrogiovanni giocò per Italia senza averne diritto? Pecca nel sistema del World Rugby

La discendenza di Martin Castrogiovanni dunque non sembrerebbe essere valida dunque per ottenere la cittadinanza: il campione di rugby, per cui, probabilmente per tanti anni giocò per l’Italia senza averne alcun diritto. Prima di ottenere il “via libera”, infatti, avrebbe dovuto vivere per cinque anni continuativi nel Paese. La Gazzetta dello Sport nelle scorse settimane ha ipotizzato che le regole del World Rugby possano avere subito delle variazioni, ma pare che in realtà non sia così.



Già nel 2000 (un anno prima che l’italo-argentino iniziasse la sua carriera in Nazionale) infatti le regole erano chiare. L’eleggibilità di un giocatore veniva determinata soltanto in accordo con i criteri di eleggibilità dell’International Board, che presentava già in quel momento la regola dei nonni. Anzi, in Australia in quegli anni si valutava anche l’ipotesi di renderla ulteriormente più restrittiva, limitando la discendenza ai genitori.