“Bomba” nel mondo dell’atletica leggera paralimpica e in generale nel mondo dello sport italiano: Martina Caironi, campionessa per due volte alle Paralimpiadi di Londra 2012 e Rio 2016 nei 100 metri piani, è risultata positiva ai controlli anti-doping durante una competizione effettuata dal Comitato Controlli Antidoping di Nado Italia il 17 ottobre 2019 a Bologna. Fulmine a ciel sereno che arriva alla vigilia degli attesi Mondiali Paralimpici a Dubai, con una tempistica quantomeno “particolare” (ripensando al caso Schwazer, ndr), che colpisce una delle campionesse più in vista e forti del panorama non solo italiano ma appunto globale: dopo l’annuncio in una nota della Nado Italia, la seconda Sezione del Tna ha accolto la richiesta della Procura nazionale antidoping disponendo l’immediata sospensione dall’attività della 30enne bergamasca. L’atleta delle Fiamme Gialle, doppio oro alle Paralimpiadi di Rio e Londra nei centro metri piani di atletica leggere, è anche anche argento nel lungo nell’edizione brasiliana oltre che pluriprimatista mondiale: vanta inoltre nel suo personale palmares 5 titoli mondiali. Proprio per questi straordinari meriti sportivi e di esempio costante per lo sport italiano, nelle Olimpiadi Paralimpiche di Rio 2016 Martina Caironi era stata scelta come portabandiera.
LA DIFESA DI MARTINA CAIRONI: “COLPA DI QUELLA CREMA..”
Martina Caironi è risultata positiva «alla sostanza Clostebol Metabolita all’analisi del primo campione al controllo fuori competizione effettuato dal Comitato Controlli Antidoping di Nado Italia il 17 ottobre scorso a Bologna», spiega la Nado; autentico pugno nello stomaco per il comitato olimpico e paralimpico italiano, proprio alla vigilia dell’esordio ai Mondiali in Dubai. Arrivano a caldo le primissime dichiarazioni della campionessa azzurra che si proclama del tutto innocente da ogni qualsivoglia tentativo di doping: «In attesa dell’esito delle controanalisi del campione B, dichiaro di essere a conoscenza della sostanza contenuta nella crema cicatrizzante che ho assunto. Tale crema veniva da me acquistata nel gennaio 2019 dopo tre mesi di sofferenza per ulcera all’apice del moncone. Si tratta di una ferita aperta che nessun farmaco è riuscito a richiudere e nemmeno il non utilizzo delle protesi da cammino e da corsa, con evidenti disagi importanti». Le ferite riportate sulle cicatrici della gamba “artificiale” avrebbero comportato l’uso di quella crema oggi sotto accusa, con la Caironi che continua nella difesa «In gennaio chiedo al medico federale la possibilità di usare questa crema e mi viene detto che deve essere usata in modo locale e a piccole dosi e che non è necessario il TUE per le quantità troppo basse. Faccio il test antidoping a luglio che risulta negativo. Da quel momento la ferita si apre altre due volte, ma in maniera meno grave e quindi ritengo di poter continuare in piccole dosi in quanto sicura di non incorrere in alcun tipo di infrazione, tanto è vero che all’ultimo controllo antidoping di ottobre ho dichiarato tale sostanza. Mi ritrovo a dover saltare un Mondiale in un anno fondamentale senza ancora aver provato una definitiva cura per la mia ulcera».