Era prevista per la giornata di oggi l’udienza della Cassazione per la morte di Martina Rossi, giovane studentessa ligure, avvenuta nel 2011. La Suprema Corte che avrebbe dovuto pronunciarsi su Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, condannati a 3 anni, depositerà la sentenza definitiva solo il prossimo 7 ottobre. Pe l’udienza finale, dunque, occorrerà attendere ancora oltre un mese e si terrà, come scrive Il Fatto Quotidiano online, davanti alla Quarta sezione penale. Stando a quanto emerso, il reato non si prescriverà prima del 16 ottobre.
La condanna a carico dei due imputati toscani era giunta il 28 aprile scorso per il reato di tentata violenza sessuale. Un iter giudiziario piuttosto tortuoso che aveva portato nel 2018 alla prescrizione del reato di morte in conseguenza di un altro reato, come avvenuto in precedenza per “l’omissione di soccorso”, lasciando in piedi solo l’ultima accusa. “Dopo 10 anni di sofferenza, ci aspettiamo che almeno venga consolidato quel pezzettino di verità che è rimasto”, avevano detto i genitori della vittima, Bruno e Franca Rossi, i quali avevano aggiunto “Una ragazza che cade giù dal sesto piano di un albergo, che è in compagnia di due ragazzi che non fanno niente per aiutarla, evidenzia già di per sé la responsabilità. Sono riusciti a fare un processo alla vittima, poi però tanta gente ha lavorato per cercare di capire cosa era successo”.
Morte Martina Rossi: il complesso iter giudiziario
Era il 3 agosto del 2011 quando Martina Rossi, appena ventenne, precipitò dal sesto piano di un hotel a Palma di Maiorca mentre era in vacanza con due amiche. Le autorità spagnole archiviarono velocemente il caso come suicidio, una versione alla quale genitori e conoscenti della ragazza non hanno mai creduto. Fu appurato che la ragazza scappava dalla stanza di due giovani di Castiglion Fibocchi (Arezzo), Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, condannati nel 2018 in primo grado dal tribunale aretino a 6 anni per tentata violenza sessuale di gruppo e morte come conseguenza di altro reato. Dopo essere precipitata in una vasca, Martina non muore sul colpo la solo 40 minuti dopo senza che nessuno le abbia prestato soccorso. Il suo corpo fu trovato senza ciabatte nè pantaloncini, con segni evidenti sul corpo che i due ragazzi sostennero di aver causato nel tentativo vano di evitare che si buttasse giù di proposito.
La sentenza d’Appello arriva nel giugno 2020 con l’assoluzione dei due imputati: secondo i giudici Martina non sfuggiva da uno stupro. Il tentativo di abuso “non può neppure del tutto escludersi” ma “le modalità della caduta” non sarebbero state coerenti con l’ipotesi del tentativo di fuga. Motivazioni impugnate dalla procura di Firenze. Il 21 gennaio la Cassazione ha annullato l’assoluzione ordinando un nuovo Appello il cui verdetto a 3 anni di reclusione era stato impugnato fino all’ultima parola della Cassazione che arriverà il 7 ottobre prossimo. “Anche se dovremo aspettare ancora qualche settimana, sappiamo che alla fine la giustizia metterà un punto definitivo a questa storia segnando cosa è davvero accaduto a Martina quella notte del 2011”, ha commentato l’avvocato Stefano Savi, legale della famiglia Rossi a Fanpage. “Contavamo di chiudere finalmente una vicenda giudiziaria che è durata 10 anni ma il rinvio non cambierà le sorti del processo”, ha concluso.