Una straordinaria Martina Trevisan si prende i quarti di finale del Roland Garros 2020 con una prestazione da incorniciare: dopo aver fatto fuori la teenager Cori Gauff, che l’anno scorso si era giustamente presa le copertine di tutto il mondo, e dopo aver rimontato una giocatrice da seeding come Maria Sakkari, la fiorentina di 26 anni si è anche presa lo scalpo di Kiki Bertens. Una che qui aveva giocato una semifinale, che era la testa di serie numero 5, che al secondo turno aveva rimontato Sara Errani al termine di una partita discussa, finita la quale era uscita sulla sedia a rotelle e accusata dalla bolognese di aver finto crampi per tutto il primo set. Oggi la nuova star è Martina Trevisan, almeno al fianco della diciannovenne Iga Swiatek che ha concesso appena tre game alla numero 1 (qui a Parigi) Simona Halep, non ha ancora perso un set e non ha mai nemmeno giocato un tie break per arrivare ai quarti: sarà proprio la polacca a sfidare Martina martedì, in un match che potrebbe far entrare la nostra tennista nella storia. Al Roland Garros già la Errani aveva disputato una finale, Flavia Pennetta ha vinto gli Us Open e in generale il tennis femminile italiano ha dominato in Fed Cup (quella che oggi si chiama Billie Jean King Cup); da tempo però mancava una reale giocatrice che sapesse raccogliere l’eredità della generazione d’oro, quello che non è mai riuscito a fare Camila Giorgi che, ironia della sorte, è stata proprio la prima avversaria sconfitta dalla Trevisan in questo Roland Garros 2020.
MARTINA TREVISAN, DALL’ANORESSIA AI QUARTI DEL ROLAND GARROS
La storia di Martina Trevisan è anche una sorta di riassunto di quanto possa accadere nel circuito Wta: le pressioni, le responsabilità, il fatto di trovarsi spesso e volentieri a viaggiare per il mondo senza i genitori, giovanissime e senza la testa giusta. Ci sono tanti libri che raccontano storie di adolescenti che si sono perse, hanno dovuto affrontare i demoni, sono poi rinate o semplicemente non ci sono riuscite. Da Andrea Jaeger che si ritirò a 16 anni e alla vigilia di una carriera che sarebbe potuta essere splendida, ai maltrattamenti subiti da Mary Pierce e Jelena Dokic, vessate da padri/padroni, fino ad arrivare a chi si era ritirato per affrontare altre carriere (l’attuale numero 1 Ashleigh Barty si era dedicata al cricket) per poi cambiare idea e tornare. Martina Trevisan da ragazzina era una grande promessa: la si vedeva battere le più forti e si sperava, anzi si era convinti, che sarebbe prima o poi arrivata allo Show, per dirla con le parole di David Foster Wallace che nel suo capolavoro Infinite Jest traccia in maniera impeccabile (anche se un po’ romanzato, inevitabilmente) il mondo delle accademie di tennis, avendone frequentata una lui stesso. Martina ha dovuto convivere con l’anoressia: un male che la divorava, come lei stessa ha raccontato al Corriere della Sera. “Sentivo di non essere più in grado di gestire quel che mi girava intorno”.
Martina Trevisan ne è uscita con l’aiuto di uno psicologo: non è stato l’amore per il tennis a salvarla, non è stata l’aspirazione a diventare la migliore, semplicemente ha riconosciuto di non potercela fare da sola e per la prima volta si è affidata a qualcun altro. “Ho avuto la fortuna di trovare una persona che mi ha sorretto ogni volta che pensavo di non farcela”: sono passati oltre 10 anni dai giorni bui che avrebbero potuto cancellarle un futuro sui campi da tennis, oggi il riconoscimento è un quarto di finale al Roland Garros da giocare contro una teenager che invece due anni fa ha conquistato Wimbledon juniores, e dunque era più o meno attesa a grandi risultati anche se non si pensava che potesse coglierli adesso, e non così. Trevisan-Swiatek sarà dunque un bel match anche e soprattutto per la storia di Martina; dovesse arrivare in semifinale, e magari spingersi oltre, sarebbe un corredo perché nel mondo dello sport i risultati vanno e vengono, quello che è importante è aver capito di non potersi concepirsi da soli e saper chiedere una mano laddove ce ne sia bisogno. Per la fiorentina, arrivata a pesare 46 chili come da lei ammesso, il quinto turno agli Open di Francia è il regalo più bello in una carriera in cui nessuno le ha mai regalato niente.