Un anno dopo il ritrovamento dei resti di Marzia Capezzuti, la salma della 29enne uccisa a Pontecagnano Faiano è stata restituita ai familiari per la sepoltura. Il nulla osta della Procura di Salerno ha permesso ai parenti della vittima di darle l’ultimo saluto con i funerali che si sono tenuti nei giorni scorsi e si tratta soltanto dell’ultimo, dolorosissimo capitolo di una storia agghiacciante e dai risvolti giudiziari ancora tutti da definire.



In carcere, accusati dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere di Marzia Capezzuti, si trovano Barbara Vacchiano – sorella dell’ex compagno della vittima che, secondo l’accusa, l’avrebbe tenuta segregata in casa fino al delitto -, il marito Damiano Noschese e il figlio 15enne della coppia che alla sorella, durante una videochiamata choc, avrebbe confessato di aver partecipato all’uccisione della giovane. Il minorenne andrà a giudizio immediato il prossimo 15 dicembre. Il via libera al dissequestro della salma è arrivato dopo la conclusione di una complessa serie di accertamenti tecnici irripetibili. L’ultimo avvistamento di Marzia Capezzuti risale al marzo 2022, quando sarebbe stata notata uscire dall’abitazione dei Vacchiano-Noschese insieme ai tre finiti sotto accusa. A denunciare la famiglia fu l’altra figlia di Barbara Vacchiano, Anna, sedicente testimone oculare di maltrattamenti e torture che i parenti avrebbero inflitto alla 29enne fino a portarla alla morte. Il corpo della vittima fu rinvenuto in un casolare tra Pontecagnano Faiano e Montecorvino Pugliano nell’ottobre seguente.



Marzia Capezzuti uccisa a Pontecagnano Faiano: una spirale di orrori prima dell’omicidio

Il caso di Marzia Capezzuti ha sconvolto le cronache e un’intera famiglia, quella della ex cognata della vittima, Barbara Vacchiano, è finita sotto la lente investigativa per i presunti maltrattamenti e le torture che la 29enne avrebbe subito per mesi tra le mura dell’abitazione in cui avrebbe vissuto fino all’ultimo dei suoi giorni. Marzia Capezzuti non si era allontanata volontariamente, come l’ex cognata avrebbe sostenuto inizialmente, ma sarebbe stata vittima di un delitto efferato maturato nel contesto di una spirale di orrori salta fuori anche grazie alla testimonianza della figlia di Barbara Vacchiano.



Stando alla ricostruzione a carico della donna e del compagno, Damiano Noschese, gli adulti avrebbero coinvolto il figlio minorenne recentemente rinviato a giudizio. Il quadro di violenze a cui Marzia Capezzuti sarebbe stata sottoposta è agghiacciante. Testimoni hanno parlato di denti tirati con una pinza“, di percosse e bruciature sul corpo, di abusi sessuali, insulti e minacce, di una giovane donna segregata e costretta a vivere in uno sgabuzzino da cui le sarebbe stato impedito di uscire persino per i propri bisogni fisiologici. Marzia Capezzuti, secondo chi avrebbe incrociato il suo dramma nei mesi precedenti alla sua morte, sarebbe stata costretta a indossare un pannolone e sarebbe stata infine incapace di stare in piedi a causa delle lesioni riportate. All’esito delle indagini, l’impianto accusatorio grava come un macigno sulla posizione degli indagati: omicidio aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà, dal fine di conseguire l’impunità per i maltrattamenti precedentemente commessi e dai motivi abbietti. Contestato anche l’occultamento di cadavere.