Marzia Corini, sorella del celebre avvocato Marco Valerio Corini che ha seguito numerosi vip e calciatori, è reduce di oltre otto anni di battaglie legali che l’hanno vista difendersi dall’accusa di aver provocato la morte del fratello, malato da tempo, con un’iniezione letale. Processi nei quali è stata recentemente assolta dall’accusa e che, secondo il legale che segue la donna, sentito dal Corriere, potrebbero ancora non essere chiusi, perché “la Procura può sempre fare ricorso”.



Per la prima volta dalla morte di Marco Corini, la sorella Marzia ha rilasciato un’intervista, sempre per il Corriere, nella quale ha parlato del caso, sottolineando che le ha lasciato “una profonda amarezza per come funziona il sistema giudiziario in Italia”. Partendo dal principio, ricorda che “per anni non abbiamo avuto contatti, fino a quando si è ammalato e ho voluto essergli accanto”, sottolineando che “non l’ho fatto per soldi“. Passando, poi, alla morte di Marco Corini, la sorella Marzia ricorda che quel giorno “ha avuto una crisi respiratoria. Ero sola, ho chiamato tutti ma non è arrivato nessuno”, e così ha deciso di iniziare “la sedazione palliativa, concordata con il medico che lo seguiva”, momento che fu per lei “devastante”.



Marzia Corini: “Non ho fatto nessuna iniezione a Marco”

Dietro alla morte di Marco Corini, sottolinea e precisa ancora Marzia, “non c’è stata alcuna iniezione“, tanto meno letale, come accusa la Procura. “Era uscito l’ago inserito nel torace. Ho cercato una vena nel braccio ma è andata male”, fino a quando “sono riuscita a riposizionare l’ago e riprendere la sedazione”. Una manovra, sostiene, che “non ha accelerato il decesso. Se avessi fatto un’iniezione sarebbe morto in pochi attimi e invece mi ha lasciata più di un’ora dopo”.



Sull’accusa di aver ucciso Marco Corini per il suo testamento, Marzia ci tiene a spiegare che “non avevo alcun interesse a modificare le disposizioni, che infatti nei miei confronti sono rimaste sempre le stesse”, ricordando che in passato “avevo già detto no al testamento di mio padre”. Il testamento, inoltre, non è stato modificato, ma non era stato proprio redatto, tanto che “l’ho scritto sotto dettatura solo perché lui non riusciva a farlo”. Dalla vicenda, però, Marzia Corini ha imparato due cose: la prima è che “avrei dovuto lasciare nel caso l’eredità e tornare alla mia vita per elaborare il lutto” della perdita di Marco; la secondo è che ora si impegnerà per “denunciare la giustizia mal gestita“.