Bisogna continuare a indossare le mascherine, l’unica deroga pensabile vale solo per i luoghi all’aperto. Lo dice Luca Richeldi, direttore di Pneumologia al Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma, intervenuto ad Agorà. «I luoghi chiusi rappresentano ancora un rischio, credo che dovremo tenere la mascherina per tutta l’estate». Diverso il discorso per quanto riguarda gli ambienti all’aperto: «Possiamo cominciare invece a pensare ad una deroga dell’obbligo. Il Cts ci sta lavorando». A tal proposito, calza bene l’esempio dell’assembramento dei tifosi dell’Inter per la festa dello scudetto in piazza Duomo. «Non ha avuto ricadute. Anche perchè siamo in una fase di calo dell’epidemia». Dunque, l’apertura limitata ai tifosi per la finale di Coppa Italia tra Juventus e Atalanta rappresenta per Richeldi una «buona formula», peraltro già sperimentata all’estero.



«Si tratta di un passaggio piccolo ma molto significativo, niente a che vedere con quel drammatico Atalanta-Valencia che probabilmente ebbe una pesante responsabilità nella diffusione del contagio in quella provincia ma un segnale incoraggiante di ripartenza dopo tanti mesi».

RICHELDI “VACCINARE PRIMA OVER 65, POI GIOVANI”

Luca Richeldi ha parlato anche di campagna vaccinale ad Agorà, in particolare degli adolescenti. Ritiene che sia importante vaccinare gli adolescenti, «ma nelle priorità i giovani devono venire comunque dopo gli over 65: se avessimo uno zero nella casella dei deceduti, come gli inglesi, andremmo tutti più felici e rilassati anche in vacanza». Invece il numero dei morti per Covid non è stato ancora azzerato. «Purtroppo avremo invece un consistente numero di vittime ancora per un po’, visto che nelle terapie intensive ci sono i pazienti più gravi e più a rischio di morte». Per questo invita alla cautela e invita il sistema sanitario a fare uno sforzo con le persone fragili prima di pensare ai giovani. «Abbiamo ancora il 20% di over70 non vaccinati e credo siano i più difficili da vaccinare: persone che sono a casa e hanno difficoltà a muoversi, persone che vivono in paesini e magari hanno malattie neurodegenerative, persone socialmente difficili da contattare», ha proseguito Richeldi.



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