Proseguono le inchieste de “La Verità” contro le commissioni e gli acquisti fatte dal Commissario all’emergenza Domenico Arcuri nei mesi passati della gestione Covid-19: dopo le siringhe e gli scoop emersi negli ultimi giorni, Giacomo Amadori e Francois de Tonquedec tornano sul “vecchio” reportage delle mascherine anti-Covid per le quali già la magistratura sta indagando (e già lo stesso Arcuri ha tutelato la sua posizione lanciando diverse querele). L’affare da 1,25 miliardi di euro per circa 801 milioni di mascherine si sarebbe concluso, secondo le carte e le E-mail recuperate da La Verità, senza che nessuna grande azienda cinese potesse realmente effettuare forniture di quella portata: «invece due piccole società cinesi, la Wenzhou light industrial products art & crafts import export co. ltd e la Luokai trade co. ltd, sarebbero riuscite a consegnarne ben 231.617.647 tutte al prezzo di 3,4 euro l’una. Gli ordini di entrambe sarebbero partiti tutti il 15 aprile, a parte uno del 6 aprile da 10.000.000 di Ffp3». I punti che non tornano sono diversi secondo i giornalisti de La Verità, a cominciare dalla società “fantasma” (la Luokai, ndr) che sarebbe controllata da «Qiuhe Pan, una trentanovenne cinese residente nella periferia di Roma» legato alla Prince International di Shangai.



TUTTI I “SEGRETI” DELLE MASCHERINE CINESI

Nelle mail recuperate dal quotidiano di Maurizio Belpietro vi sarebbero gli scambi tra Arcuri, il giornalista della Rai Mario Benotti e l’ingegnere Andrea Tommasi: «Nella prima di esse, datata 21 marzo (Arcuri era stato nominato da appena tre giorni), Be- notti scrive a Silvia Fabrizi di Invitalia, funzionaria che da lì a poco sarebbe diventata attraverso un’ordinanza membro dello staff commissariale, e allega una fattura proforma. Che è proprio intestata alla Prince international». Come riportato nei giorni scorsi dalla trasmissione “Fuori dal coro” e dalla stessa Verità, il giornalista avrebbe preso 12 milioni di commission per aver messo in contatto Arcuri con le aziende cinesi: ma non è tutto qui, per l’inchiesta di Amadori la signora Pan risulta sempre più “misteriosa” tanto nella sede (nessuno la conosce nel quartiere romano del Quadraro, a domande specifiche dei giornalisti) né per le operatività, «l’Interpol avrebbe chiesto informazioni sulla Pan al ministero dell’Interno cinese». La Verità riporta poi di altre commissioni e certificazioni che risultano poco chiare per tempistiche, spese e “giri” di affari tra società: come il caso della Wenzhou light craft (in Cina considerata una ditta individuale e familiare che progetta import-export di calzature, abbigliamento ed elettrodomestici) che sempre per l’inchiesta di Amadoi «Il 6 e il 15 aprile ha siglato contratti con il commissario straordinario per 100 milioni di mascherine Ffp2 e 100 milioni di Ffp3».

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