Domenico Arcuri continua a far discutere. Nelle scorse ore vi abbiamo parlato del caso mascherine, ore invece vi raccontiamo del rimborso “flash” per l’acquisto di dispositivi di protezione per i dipendenti della propria azienda. È stato infatti “bruciato” nel giro di 1,5 secondi. Ma andiamo con ordine. Era stato indetto un click day per ottenere il rimborso, quindi chi prima si prenotava, prima otteneva il rimborso, fino ad esaurimento del budget. Ebbene, si è esaurito in meno di due secondi. Invitalia, agenzia nazionale per lo sviluppo, ha pubblicato l’elenco delle società che l’11 maggio scorso sono state ammesse al rimborso: si tratta di 3.150 imprese che hanno inviato le proprie richieste in un secondo e mezzo dall’apertura del bando. L’ultima società a vincere il rimborso tanto ambito è Hsd di Grada, nelle Marche, che produce teste per fresatrici. Ha prenotato 150mila euro di dispositivi di protezione personale 1,04 secondi dopo l’apertura del bando “bruciando” la Cima di Mirandola, Modena, una società che produce casse automatiche.
MASCHERINE, CLICK DAY INVITALIA DURA UN SECONDO
La prova sui tempi arriva proprio dall’elenco delle prenotazioni ammesse a presentare domanda di rimborso. L’ultima è stata accettata alle ore 09:00:01.046749. La vicenda del rimborso in tempi record ha suscitato critiche e ironie. «Invitalia si dev’essere dotata di un orologio atomico per riuscire a calcolare esattamente al centomillesimo di secondo chi era entrato e chi no», scrive ad esempio La Stampa. E se invece qualche azienda si è dotata di un software apposito per inviare la sua domanda in tempo bruciando la concorrenza? Considerando che bisognava compilare tre campi (codice fiscale impresa, codice fiscale legale rappresentante e importo in euro, e anche se Invitalia aveva messo una pagina di prova, come è possibile riuscire a riempire tutti i campi in meno di un secondo? Neppure col copia e incolla dei dati sarebbe possibile. Il bando “Impresa sicura” di Invitalia metteva a disposizione 50 milioni di euro. Una somma irrisoria se teniamo conto che le richieste delle aziende non ammesse ammontavano a 1,2 miliardi di euro. Ma questa è un’altra storia.