Dopo l’indagine sulle mascherine acquistate dalla struttura commissariale dell’ex incaricato Domenico Arcuri e dopo la svolta ieri nell’inchiesta sulle mascherine della Regione Lazio, oggi prosegue la terza indagine emerge sulle cronache nazionali: la Procura di Roma, nell’indagare sulla tratta delle mascherine importate dalla Cina, ha di fatto scoperchiato e sdoganato un controllo ad ampio raggio sul materiale effettivo anti-Covid arrivato in Italia negli scorsi 12 mesi.



Ebbene, vi sarebbe una cospicua partita di mascherine FFP2 che dalla Turchia è giunta in tutta Europa con il certificato contraffatto CE: ne riporta oggi Repubblica presentando i sospetti degli inquirenti sul contrassegno CE2163 rilasciato dal laboratorio Universal Certification di Istanbul. Si tratta di un ente riconosciuto dall’Unione Europea ma, secondo le prime indagini, sarebbero state contraffatte:  l’Olafl’ufficio europeo per la lotta antifrode — secondo quanto scoperto da Rep avrebbe aperto un’istruttoria sulla società turca per verificare la qualità e la certificazione delle procedure di validazione eseguite a Istanbul. Già nel settembre 2020 il Mise – Ministero dello Sviluppo Economico – aveva aperto un procedimento su una serie di dispositivi di protezione con la certificazione CE2163 e il fascicolo è in costante aggiornamento, mentre ore indagano anche dall’Antifrode Ue.



LE MASCHERINE DALLA TURCHIA: LA DENUNCIA DEL MISE

Sono sparse in tutta Europa e anche in Italia, addirittura se ne sono viste in uso da addetti Rai a Sanremo: come avrebbero spiegato alcuni laboratori indipendenti consultati dalle autorità europee, tali mascherine FFP2 avrebbero «performance molto inferiori rispetto a quelle necessarie per avere la qualifica di Ffp2: invece di filtrare il 95 per cento delle particelle, avevano una capacità al 50 per cento». Ad insospettire gli inquirenti il fatto che volumi importanti di stock in arrivo dalla Cina venivano importanti in Europa proprio tramite l’Universale Certification di Istanbul: «chi produce mascherine e ha intenzione di metterle sul mercato in Europa, pur non avendo in partenza il marchio Ce necessario per la commercializzazione, debba rivolgersi a un laboratorio europeo accreditato per ottenerlo», spiega una fonte dell’ufficio antifone della Guardia di Finanza a Repubblica.



Ma il problema sarebbe la fallacia all’origine: «la sola cosa che possiamo dire è che, effettivamente, la Universal ha un volume di certificazione molto importante. Abbiamo fatto qualche domanda, ma ci è stato risposto che le società cinesi si rivolgevano a loro perché davano risposte in tempi molto stretti». Si sospetta che il marchio CE fosse già apposto in Cina truffando così il mercato europeo e facendo “certificare” in Turchia le mascherine tramite accordi ben poco leciti: per il momento sono solo ipotesi di indagine ma nelle prossime settimane si potranno avere dettagli in più per capire se siamo di fronte all’ennesima, spiacevole, “truffa” ai cittadini nel settore chiave della protezione anti-Covid.