Con la pandemia di Coronavirus che pare purtroppo aver trovato nuovo vigore, anche e soprattutto attraverso i focolai di varianti in tutto il pianeta, permane di stretta attualità il tema relativo alle mascherine FFP2, considerate quelle più efficaci per via del loro potere filtrante (decisamente superiore rispetto a quello garantito dalle semplici mascherine chirurgiche), tanto che medici e infermieri le hanno indossate nelle corsie d’ospedale sin dall’avvento del virus. Proprio in virtù di tale proprietà, risultano essere le più ambite, nonché le più costose.
Va da sé, pertanto, che la domanda sia cresciuta a dismisura e, di pari passo, siano germogliate le truffe ai danni dei cittadini, con l’immissione sul mercato di dispositivi di protezione individuali privi di marchio CE o, comunque, con capacità filtrante inferiore a quella che dovrebbero assicurare. Sorge pertanto spontaneo l’interrogativo: come si fa a riconoscere le mascherine FFP2 (o N95, il loro nome statunitense) a norma? Esse devono rispettare il regolamento Ue 425/2016 e rispondere a quanto previsto per i dispositivi di categoria di rischio pari a 3.
MASCHERINE FFP2 A NORMA, COME RICONOSCERLE?
Grande importanza nelle mascherine FFP2 va poi attribuita ai codici di quattro numeri o lettere, che identificano l’organismo che ha certificato la conformità del prodotto (elenco disponibile nel database Nando della Commissione europea). Inoltre, tale certificazione deve contenere alcune informazioni indispensabili, quali nome e codice numerico dell’organismo che certifica, nome e indirizzo del fabbricante o del mandatario, tipologia di DPI, riferimento alle norme tecniche prese in esame per il certificato di conformità e data di rilascio dello stesso. Se manca il marchio CE, il prodotto non è da considerarsi un autentico dispositivo di protezione individuale oppure è stato venduto in deroga alla normativa vigente. Dunque, mascherine FFP2 senza marchio CE possono essere vendute (in ambito sanitario questo può accadere unicamente se i produttori autocertificano l’aderenza alle norme tecniche prevista dalla legge, ndr), ma la deroga prevede ugualmente il rispetto degli standard tecnici e di qualità previsti dalla norma EN 149:2001.