La truffa delle mascherine per la quale la Regione Lazio ha “buttato” 11 milioni di euro è un caso così ricco di retroscena che potrebbe uscirne un libro. Ci sono tutti gli ingredienti per un best seller. Finti avvocati, misteriosi imprenditori russi e non mancano neppure presunti mafiosi kosovari. A ricostruire la vicenda è La Verità, che parte dal marzo 2020, quando in piena pandemia la Regione Lazio guidata da Nicola Zingaretti ha affidato alla società Ecotech Srl, che opera nel settore delle lampadine e non ha alcuna esperienza in quello dei dispositivi medici, l’approvvigionamento delle mascherine. Viene corrisposto un acconto di 14,68 milioni di euro per una fornitura, rivelatasi poi “fantasma” di 9,5 milioni di dpi. Ma ne sono state consegnate solo 2 milioni di tipo chirurgico, quindi mancano all’appello quasi 11,8 milioni di euro. Di quell’acconto, 4,7 milioni di euro finiscono alla Giosar, una ditta inglese guidata da Stefania Cazzaro, designer all’epoca coinvolta in un processo penale per bancarotta. Ora lei e un collaboratore sono accusati dalla procura di Roma di aver riciclato gran parte dei soldi ricevuti, 3,7 milioni di euro.
Ma la donna al quotidiano racconta di essere stata ingannata a sua volta e di non conoscere neppure l’identità delle persone a cui aveva inviato i bonifici contestati dai magistrati. Quando è stata contattata per l’affare, si sarebbe rivolta ad un broker di Varese che l’avrebbe messa in contatto con un presunto avvocato, Ennio D’Andrea, il quale a sua volta avrebbe fatto da intermediario con un imprenditore originario di Prato, ma di stanza a Praga, la persona che avrebbe avuto la disponibilità delle mascherine. Quindi, Stefania Cazzaro ha inviato quasi subito 1,545 milioni di euro di anticipo alla Noleggio car, ma dalla Repubblica Ceca non è arrivato alcun dpi. Come se non bastasse, quando la Regione Lazio aveva interrotto i rapporti, le sono stati chiesti altri 500mila euro per sbloccare il carico di mascherine che a loro dire erano bloccate in Russia e per le quali bisognava saldare il conto.
LA TRUFFA DIETRO L’AFFARE DELLE MASCHERINE
Vien da pensare che né l’avvocato Ennio D’Andrea né l’imprenditore esistano davvero, anche perché Stefania Cazzaro a La Verità racconta di non aver mai conosciuto di persona il primo, mentre il secondo le avrebbe raccontato di essere figlio di un console e di avere origini napoletane. La donna ha mostrato i messaggi che si è scambiata con i due, in cui si parla di svolte, che però non arrivano. Vengono nominati anche presunti mafiosi a cui l’imprenditore di Praga si sarebbe rivolto per ottenere un prestito e completare l’acquisto. Di fatto, i soldi ricevuti dalla Ecotech erano all’estero. Quando Cazzaro minaccia iniziative contro l’imprenditore per ottenere la restituzione del dovuto, viene scoraggiata con motivazioni che rendono ancor più inquietante lo scenario. La Verità ha assistito ad una telefonata tra la donna ed Ennio D’Andrea, il quale le ha ricordato che a Londra ci sono intere scorte di mascherine che possono essere mandate al posto di quelle che aspettava la Regione Lazio. La Cazzaro ha ribadito di volere i soldi indietro e che c’è un procedimento penale in corso. I due sono arrivati a pensare di bloccare le auto in Italia della Noleggio car per recuperare i soldi da restituire, ma D’Andrea ha poi fatto retromarcia, temendo ritorsioni. «Le auto sono tutte nell’Agro nocerino… Stefania, ma sai chi sono queste persone? Là non puoi andare a dire una cosa del genere, quella è una delle zone a più alto tasso di criminalità…». I due sono poi tornati a parlare di russi, fornitori, di Nocera inferiore, ma soprattutto del fatto che i soldi non ci sono più. A fare chiarezza è il decreto di perquisizione eseguito dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Roma nell’ottobre scorso, perché ci sono informazioni utili.
MASCHERINE LAZIO, LA RETE RINTRACCIATA DALLA FINANZA
Ad esempio, sono indicate le direzioni prese dai soldi della Regione Lazio. Ci sono 67mila euro finiti sul conto di Giuseppe Rondina, uno dei due amministratori delegati a operare sui conti della Noleggio car. L’altro è Donato Ferrara, originario di Nocera inferiore che ha effettuato prelievi per 8mila euro. I due amministratori sono entrambi indagati per riciclaggio, secondo quanto riportato da La Verità. Si fa poi riferimento anche a un certo Arsenio Ippolito, amministratore e intestatario della Giadastar, con zero dipendenti, ma un giro di affari dichiarato di circa 334mila sterline al 28 febbraio 2022. In Italia ah diverse segnalazioni di polizia, non particolarmente significative, per reati come lesioni personali e truffa (per una vendita su eBay), passando per la guida di auto priva di assicurazione o con targa contraffatta. Quando Stefania Cazzaro ha visto la foto del profilo Facebook ha riconosciuto in lui l’avvocato Ennio D’Andrea. La Verità si è, quindi, messa a caccia degli altri uomini di questa rete, indicati nel decreto di perquisizione. C’è Giovanni Franzese, amministratore legale della Noleggio car, anche lui indagato, che ha ammesso di aver fatto da prestanome e di essersi pentito. Questi al quotidiano ha suggerito di cercare Donato Ferrara, che risulta avere moltissimi precedenti penali. Rintracciato dal quotidiano, ha rivelato che la Giosar non ha saldato il conto e che Stefania Cazzaro ha nascosto i soldi. Telefonicamente ha poi aggiunto di essere stato minacciato dalla donna, la quale avrebbe soci calabresi appartenenti alla ‘ndrangheta e di essere stato minacciato da uno slavo. Di tutto ciò avrebbe parlato con la Guardia di Finanza. Accuse comunque respinte dalla Cazzaro, la quale a La Verità ha dichiarato di non avere nulla a che vedere con la ‘ndrangheta e che lo slavo in realtà è un professionista croato che si occupa di recupero crediti. Alla fine, una cosa è certa: la Regione Lazio ha buttato via quasi 15 milioni di euro di soldi pubblici, uno spreco per il quale la Corte dei conti ha contestato a Nicola Zingaretti un danno erariale da circa 11,7 milioni di euro.