C’è grande confusione attorno alle mascherine, in particolare quelle chirurgiche, neppure gli scienziati sono concordi sulla loro utilità durante emergenza coronavirus. Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute, prova a fare chiarezza. Sono utili per evitare l’emissione di goccioline di saliva, ma «indossare una mascherina al di fuori delle strutture sanitarie offre poca protezione dalle infezioni», dichiara a Repubblica. Per Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), possono essere utili «nei luoghi chiusi, dove può essere difficile mantenere le distanze». Ma esattamente come indicato dal Capo della Protezione civile Angelo Borrelli, la raccomandazione resta quella del distanziamento fisico e del lavaggio delle mani. Della stessa idea è Massimo Andreoni, ordinario di Malattie infettive a Tor Vergata: «Se si sta all’aria aperta e si mantiene una distanza sufficiente dalle altre persone non c’è bisogno di indossarla continuamente». Nonostante ciò, Regione Lombardia, Toscana e Friuli Venezia Giulia, ad esempio, hanno introdotto l’obbligo di usarle o in alternativa di coprirsi la bocca e il naso con sciarpe e foulard. «Qualunque tessuto, qualunque forma di schermo che frappongo tra bocca ed esterno è chiaramente meglio di niente», afferma Paolo D’Ancona dell’Iss.



MASCHERINE CORONAVIRUS, QUALI TIPI E IL REBUS SCIARPE

D’altra parte, non è chiaro che tipo di protezione offrano sciarpe e foulard. «Non sappiamo quanto è fitto quel tessuto, cosa filtra realmente o quanti giri si fanno fare alla sciarpa intorno al collo. In quel caso, in comunità può esserci una protezione ma non si può dire di che tipo», dice Paolo D’Ancona dell’Istituto superiore di sanità (Iss). Quanti sono comunque i tipi di mascherine? Tre, di cui due con uso professionale e una per uso in comunità. Le mascherine chirurgiche proteggono dal droplet, ma non «quando abbiamo a che fare con goccioline molto piccole cioè aerosol». Quando si ha a che fare con particelle più piccole, servono filtri facciali: ffp2 e fpp3. «In caso di aerosol, le prime proteggono almeno dal 92% delle particelle e le seconde, che aderiscono meglio proteggono almeno al 98%». Possono essere con o senza filtro: nel primo caso l’operatore respira meglio grazie ad una valvola, però così il filtro funziona solo in ingresso, non in uscita, quindi se chi le indossa è malato c’è un rischio che possa contagiare qualcuno, essendo presidi nati per proteggere chi li indossa.



MASCHERINE E SCIARPE, “NON PASSI IDEA CHE BENE TUTTO”

Riguardo all’eventuale rischio delle mascherine, Paolo D’Ancona dell’Istituto superiore di sanità (Iss), spiega a Repubblica che «in tanti la mettono molto male, non coprono il naso o il mento, non la fanno aderire al viso perché non la stringono abbastanza, oppure toccano la parte esterna, dove può annidarsi il coronavirus». Inoltre, l’umidità prodotta dal respiro fa perdere il potere filtrante alla mascherina in questione, quindi va usata solo per poche ore. «Se si utilizzano per poco tempo, magari per fare la spesa, possono essere riposte ma è importante ripiegarle sempre in due mettendo all’interno la parte esterna, quella di solito colorata, per non rischiare contaminazioni». Riguardo ai prezzi, le mascherine chirurgiche costano tra 1,5-3 euro l’una. Le Regioni le compravano per gli ospedali a 3 centesimi l’una, ma il costo per il servizio pubblico è aumentato arrivando anche a 2 euro. Sull’ordinanza della Regione Lombardia si è espresso anche Giuseppe Sala, direttore del dipartimento di Scienze e tecnologie aerospaziali del Politecnico, alla guida di Polimask, il progetto nato per aiutare le aziende a riconvertire produzione e reperire mascherine. «Non deve passare l’idea che per proteggersi va bene tutto: abbiamo già dimostrato che non è così». Infatti solo il 2 per cento dei materiali può essere usato per la protezione delle mascherine.



MASCHERINE, “NON POTETE SANIFICARLE A CASA”

Cotone, seta o lino «proteggono da qualcosa di macroscopico», sostiene Giuseppe Sala. Intervenuto ai microfoni di Repubblica, ha spiegato che ha la stessa valenza del tossire nell’incavo del gomito. «Parliamo di buone pratiche che comunque non possono prescindere dalle regole sulle distanze. Guai, però, se le persone credono che possano sostituire una mascherina». Sala mette in guardia, dunque, dalle mascherine fai da te durante emergenza coronavirus: «Se sono un asintomatico e ho davanti alla bocca la federa di un cuscino non serve a nulla: questo maledetto virus passa». Inoltre, ha spiegato che le mascherine chirurgiche vanno buttate dopo l’equivalente di un turno di lavoro, mentre le ffp2 e ffp3 possono essere sanificate per prolungarne l’utilizzo. «Ma se mi sta chiedendo se chiunque le può sanificare a casa le rispondo a malincuore di no». Il problema è che quel materiale non resterebbe efficiente nel filtraggio. «Il rischio è che venga facilmente danneggiato. Ed è pericolosissimo credere di essere protetti quando non lo siamo». In questi giorni sono in corso test per capire la capacità di filtraggio dopo le operazioni di “pulitura” e per capire le tecniche migliori. «Ma servono strumentazioni adeguate per farlo».