Vengono definiti gli “sciacalli” della pandemia e se fosse tutto confermato dall’ipotesi di accuse mosse dall’UIF – Unità di Informazioni Finanziaria presso la Banca d’Italia – saremmo di fronte ad un maxi business impregnato di riciclaggio, truffe e raggiri per milioni di italiani durante i mesi difficili del lockdown. La notizia viene data oggi dai quotidiani del gruppo Caltagirone (Messaggero e Mattino) e riportano i primi risultati del rapporto annuale 2020 presentato dal direttore UIF Claudio Clemente in una diretta streaming avvenuta ieri.



Mascherine, dispositivi Dpi, gel, ma anche bancomat, contratti e speculazioni all’estero: c’è chi avrebbe speculato nella prima fase, durante l’ansia da vittime e lockdown nazionali, ma anche chi «nella seconda fase, quella degli aiuti economici da parte dello Stato alle imprese, ha provato ad arricchirsi accaparrandosi fondi non dovuti». Una fotografia tutt’altro che edificante quella fornita dal rapporto UIF, battezzata senza timore «Business della pandemia». Coinvolti politici, professionisti, privati e pubblico: la UIF riceve le segnalazioni da banche, notai, commercialisti e Poste Italiane e nel redigere il rapporto ha messo insieme una quantità di potenziali frodi dal valore complessivo di 8 miliardi di euro.



“SCIACALLI PANDEMIA”: LE ALTRE PRESUNTE FRODI

Le segnalazioni giunte all’UIF – che hanno riguardato contesti di rischio legati alla pandemia nel 2020 – sono state 2.277 per un valore complessivo di «operatività sospetta» di 8,3 miliardi. Secondo il rapporto stilato dal direttore Clemente, circa l’80% di queste segnalazioni ha riguardato la prima fase della pandemia (febbraio-giugno 2020) e concerne la compravendita di mascherine, materiale sanitario; nella seconda fase invece si sono aggiunti anche l’erogazione e l’utilizzo incongruo di finanziamenti garantiti o contributi a fondo perduto. . Se invece ci concentriamo sul restante 20% delle segnalazioni sotto la classificazione “rischio Covid”, si tratta di fenomeni strani di prelievo contante indotti – spiega il rapporto UIF – «dal timore di carenza di liquidità connessa all’avvio della fase di lockdown e al generale clima di insicurezza dei primi mesi della pandemia».



Il rischio riciclaggio si è però attenuato comunque, segno che le attività di prevenzione – così come avvenuto anche sulle tentate frodi per ottenere finanziamenti pubblici – hanno comunque funzionato nella maggiorparte dei casi. Come spiega “Il Messaggero”, circa il 64% di queste segnalazioni complessive ha ricevuto un feedback positivo da parte degli organi investigativi. «Le attività criminali innescate dalla pandemia», ha sottolineato il direttore Clemente durante la sua relazione, «non si esauriranno con il riassorbimento dell’emergenza sanitaria ma, se non adeguatamente fronteggiate, continueranno a gravare sul nostro futuro, trovando ulteriori importanti opportunità anche nei nuovi interventi pubblici». Da ultimo, oltre e mascherine e Dpi, i rischi di riciclaggio vengono segnalati anche su altri fronti non direttamente concernenti la pandemia: i bancomat privati, ovvero non quelli classici delle banche, sono installati da società finanziarie nelle strade dei centri storici o in esercizi commerciali esposti. Ebbene, «da lì arrivano flussi di contanti sospetti o di conversione di criptovalute», conclude UIF.