Fotografie di corpi di civili uccisi in strada e gettati nelle fosse comuni. È questo lo scenario che si vede nelle immagini provenienti da Bucha, cittadina vicino Kiev che in questi giorni è finita al centro del dibattito dell’opinione pubblica. Se infatti da una parte c’è l’Ucraina, che punta il dito contro la Russia parlando di genocidio e crimini contro l’umanità, come affermato dallo stesso presidente Zelensky, dalla Russia rimpallano le accuse e dicono che si tratterebbe di fake news pensate insieme agli Stati Uniti. Dubbi anche da parte di personaggi noti, come Toni Capuozzo. Il giornalista, a Quarta Repubblica su Rete 4, ha parlato proprio del massacro di Bucha, esprimendo perplessità.
“Io sollevo qualche dubbio su quello che è accaduto a Bucha. Mi faccio qualche domanda e voglio ricostruire quello che è successo”: comincia così l’intervento di Capuozzo, che successivamente cerca di ricostruire quanto emerso in questi giorni, con tanto di date, scontrandosi anche con altri ospiti, come Capezzone. Nello specifico, ecco le parole di Capuozzo: “Il 30 marzo i russi si sono ritirati da Bucha. Il 31 marzo il sindaco di Bucha rilascia un’intervista in cui esprime la propria soddisfazione per il fatto che i russi hanno finalmente abbandonato il paese. Il 1° aprile c’è un’altra intervista e nessuno fa menzione dei morti in strada. Poi il 2 aprile spunta fuori un filmato della polizia ucraina che mostra soltanto un cadavere. Il 3, invece, iniziano a circolare tutti i morti che abbiamo visto. Da dove sono saltati fuori tutti questi corpi? Possibile che dopo 4 giorni nessuno ha messo una coperta su questi cadaveri? Io li ho visti come sono i cadaveri dopo qualche giorno. Queste vittime sono in strada da tre settimane? Non sarebbero in quelle condizioni!”. il New York Times in un’inchiestaA spiegare che non si tratta di una fake news, però, è stato.
Capuozzo e i dubbi su Bucha: “Cosa non mi torna”
Ai microfoni di Quarta Repubblica, Toni Capuozzo ha espresso tutti i suoi dubbi in merito alla strage di Bucha, scatenando non poche polemiche. Su Facebook, il giornalista ha poi chiarito:
“Il mestiere del giornalista è farsi domande, anche quelle scomode. E allora mi ha sorpreso una sequenza di date:
– il 30 marzo le truppe di Putin abbandonano Bucha
– il 31 marzo il sindaco, davanti al municipio, rilascia una dichiarazione orgogliosa, sul giorno storico della liberazione. Non parla di vittime per le strade.
-il 31 marzo Maxar Technologies pubblica le foto satellitari che rivelano l’esistenza di fosse comuni attorno alla chiesa. E’ una scoperta che poteva essere fatta a terra: è la fossa che pietosamente gli abitanti del posto hanno iniziato a scavare il 10 marzo per seppellirvi i propri morti nella battaglia – siamo poco lontani dall’aeroporto di Hostomel- in cui nessuno avrebbe fatto distinzioni tra civili e militari.
Il 1 aprile va in onda a Ukraine TV24 l’intervista al sindaco. Non è accompagnata da alcun commento su morti per strada. Il 1 aprile un neonazi che si fa chiamare Botsman posta su Telegram immagini di Bucha. Dice solo di aver trovato un parlamentare, in città, non parla di morti. Ma lo si sente rispondere a una domanda: “Che facciamo con chi non ha il bracciale blu’?” “Sparate”, risponde. Il 2 aprile la Polizia ucraina gira un lungo filmato sul pattugliamento delle strade di Bucha (che non è enorme: 28mila abitanti). Si vede un solo morto, un militare russo, ai bordi della strada. Nel filmato, lungo 8 minuti ci sono abitanti che escono dalle case, e passanti che si fermano a parlare con la polizia. Lieti di essere stati liberati, ma nessuno parla di morti per strada. La cosa peggiore è quando uno racconta di donne costrette a scendere in una cantina, e uomini prelevati per essere interrogati. Il 3 aprile il neonazi su Telegram incomincia a postare le foto dei morti. A tre giorni pieni dalla Liberazione. Il 4 aprile, ieri, il New York Times pubblica una foto satellitare che riprende i morti per strada, spiegando che è stata scattata il 19 marzo (quindi i corpi sarebbero per strada da quasi due settimane, sembrano le armi chimiche di Saddam). Com’è che gli abitanti di Bucha che, sotto la dura occupazione russa, seppellivano i propri morti, questi invece, pur liberi, li lasciano sulle strade? Com’è che attorno ai morti non c’è quasi mai del sangue? Se una vittima viene sparata alla tempia, è una pozza, finchè il cuore batte. Se gli spari che è già morto, niente sangue. Com’è che in una cittadina piccola e in guerra, dove nessuno presumibilmente si allontana da casa, nessuno ha un gesto di pietà, per tre giorni, neanche uno straccio a coprire l’oscenità della morte? Erano morti nostri o altrui ? Se uno vuole credere, se cioè è questione di fede, anche l’osservazione che i morti, per bassa che sia la temperatura non si conservano così, è inutile”.