Il 3 luglio 1983 i corpi carbonizzati di due bambine di 7 e 10 anni, Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, furono trovati ore dopo la loro scomparsa, avvenuta il giorno precedente, in un canalone della zona periferica est di Napoli. Vittime, secondo la ricostruzione, di un duplice omicidio dai lineamenti così efferati da essere ricordato come uno dei più sconvolgenti casi della cronaca nera e passare alla storia come “il massacro di Ponticelli” (dal nome del quartiere in cui si consumarono i tragici fatti).



La vicenda di Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, violentate, torturate, uccise e infine date alle fiamme in una sequenza atroce e senza precedenti, ancora oggi non smette di far discutere perché dietro la condanna di tre uomini, allora giovanissimi, non si esclude lo spettro di un clamoroso errore giudiziario. Ne è convinta la trasmissione Le Iene, che in uno speciale di controinchiesta curato da Giulio Golia nell’ambito della programmazione Le Iene presentano Inside ha intervistato i protagonisti di questa terribile storia, finiti all’ergastolo e da sempre dichiaratisi innocenti. Secondo l’ipotesi di chi non crede alla loro colpevolezza, l’assassino di Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, quindi il vero autore del massacro di Ponticelli, sarebbe sfuggito alla giustizia restando a piede libero mentre tre persone estranee alla morte delle bambine avrebbero scontato una pena in carcere ingiustamente.



Barbara Sellini e Nunzia Munizzi vittime del massacro di Ponticelli: chi sono i tre uomini condannati, l’ombra di un errore giudiziario sul processo

Barbara Sellini e Nunzia Munizzi avevano 7 e 10 anni e la loro scomparsa avvenne il 2 luglio 1983. I cadaveri della bimbe, carbonizzati e uno sull’altro, furono scoperti in un canalone alla periferia est di Napoli e da allora, nonostante tre uomini siano stati condannati definitivamente all’ergastolo per i delitti, il sospetto che per il massacro di Ponticelli non ci sia stata ancora giustizia resta vivo nelle parole dei protagonisti. I loro nomi sono Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo, all’epoca giovani ragazzi e oggi uomini liberi dopo aver scontato 27 anni in carcere a seguito della sentenza definitiva all’ergastolo che gli fu inflitta all’esito del processo per il duplice omicidio. Si sono sempre detti innocenti sostenendo di essere vittime di un clamoroso errore giudiziario, negando un coinvolgimento nella terribile spirale di orrori che pose fine all’esistenza delle due bambine.



Il massacro di Ponticelli ha destato l’attenzione della Commissione parlamentare Antimafia e recentemente si è fatta strada l’ipotesi di un iter per la richiesta di revisione del processo. Secondo la ricostruzione dei delitti, Barbara e Nunzia sarebbero state sottoposte a sevizie prima della morte, torturate a lungo e poi, dopo essere state uccise, posizionate nel luogo del ritrovamento in una sorte di ultimo “abbraccio” prima di essere date alle fiamme. Secondo il parere dell’Antimafia, il caso va riaperto perché importanti lacune investigative avrebbero minato il campo delle indagini fin dalle prime battute dell’inchiesta. L’ombra di depistaggi, di un ruolo attivo della criminalità organizzata – in particolare della camorra – e quello di un errore giudiziario si sono allungate in modo sempre più imponente sulla vicenda mentre Imperante, La Rocca e Schiavo non hanno mai smesso di dirsi estranei agli omicidi.