Massimiliano Gallo, attore protagonista di “Vincenzo Malinconico – Avvocato d’insuccesso”, fiction di Rai Uno in onda in prima serata ogni giovedì sera, ha parlato proprio della serie tv in occasione della sua ospitata nel salotto di “Cinematografo”, trasmissione condotta da Gigi Marzullo. Gallo ha esordito asserendo di non avere mai creduto alla necessità di dovere incasellare un attore, anzi: ha sempre ritenuto che “se si lavora bene, non importa il luogo in cui lo si fa, sia esso il teatro, il cinema o la televisione”.



Quanto al suo personaggio, Massimiliano Gallo ha dichiarato che “Vincenzo Malinconico è un perdente di successo, un tipo improbabile in questo mondo in cui tutti vogliamo apparire perfetti e, in questo senso, un po’ di imperfezione non può che farci bene. Lui è un uomo quasi divorziato che ha ancora una storia con la sua ex moglie, però ha anche un nuovo amore, che è Alessandra Persiano (nella fiction interpretata da Denise Capezza), avvocato molto più giovane di lui”.



MASSIMILIANO GALLO: “VINCENZO MALINCONICO NON SI PREOCCUPA DI COME APPARE”

Nel prosieguo del suo intervento nel format di Marzullo, Massimiliano Gallo ha evidenziato che Vincenzo Malinconico gli ha offerto “la possibilità a livello interpretativo di coprire un po’ tutta la gamma: si passa da un omaggio alla grande commedia italiana fino all’emotività, al sentimento. C’è un po’ tutta la tavolozza dei colori, insomma. L’autore dei libri a cui si ispira la fiction, Diego De Silva, ha partecipato alla sceneggiatura sul set e la regia di Alessandro Angelini è azzeccata, perché raccontare il mondo dell’avvocato Malinconico era complicato. È un personaggio che ha un po’ di distacco, di leggerezza, non si preoccupa di come appare: vuole essere un non vincente per scelta”.



Infine, Massimiliano Gallo ha rivelato il film del suo cuore (“‘C’era una volta in America’: credo che Sergio Leone abbia creato il western pur essendo italiano. Ritengo che abbia superato John Ford, i suoi film sono più iconici”), per poi lasciarsi andare a una riflessione “contemporanea”: “Il linguaggio nuovo dei documentari interessa tutti, arriva a un pubblico molto ampio. È come se fosse cambiato un po’ il mercato… Prima il documentario non riusciva ad avere visibilità, poi ha vissuto un’evoluzione interessante”.