Massimo Ammaniti, neuropsichiatra e psicoanalista, ha dedicato la sua vita ai bambini. Compirà ottant’anni a luglio ed è uno dei più celebri e rinomati specialisti del cervello e della psiche dei più giovani. Una vera e propria devozione nei confronti di una professione che – in pochi lo sanno – gli è stata quasi “suggerita” dalla sua infanzia difficile, come raccontato dal diretto interessato in una lunga intervista rilasciata a “Il Corriere della Sera”.
“Ho avuto un’infanzia particolare – ha affermato –: mia madre se ne andò di casa negli anni Cinquanta, un’epoca in cui quasi nessuno lasciava il tetto coniugale, specialmente le donne. Eppure lei ci lasciò, ma non solo: andando via trovò se stessa, cominciò a lavorare, fece carriera. Assieme alla morte prematura di mia sorella, per una meningite fulminante, penso che questo sia stato decisivo nelle mie scelte di vita e lavoro. Tanto per capirci, nella mia scuola ero l’unico bambino figlio di separati”. Un autentico trauma, a maggior ragione per un ragazzino nato e cresciuto in quella particolare poca storica.
MASSIMO AMMANITI: “HO VISTO COSE ORRIBILI”
Curare i bambini con disturbi mentali senza emarginarli fu la grande sfida che si trovò ad affrontare Massimo Ammaniti: “Assieme ad Alessandra Ginzburg fondammo la scuola integrata con bambini disabili, a Trastevere – afferma l’esperto a ‘Il Corriere della Sera’ –. Credo che sia stato il primo esperimento al mondo”. Poi, però. lo trasferirono presso il reparto di Neuropsichiatria infantile a Santa Maria della Pietà: “Vidi cose orribili. Bambini nudi, legati al letto, con le spugne in bocca per non farli gridare, infermiere abbrutite, desolazione. Mi dimisi il giorno dopo”. Tornò in quel luogo due anni dopo e “aprii i cancelli, slegai i bambini, fondai una scuola all’interno e un centro diurno. Cercavo per loro una parvenza di normalità”. Un giorno decise di portarli tutti al mare: “Non lo avevano mai visto e non dimenticherò mai il loro sguardo. Un’ estate li portai con me ad Amatrice, in una specie di campo estivo. Il presidente della Provincia cominciò a preoccuparsi. Anche in altri reparti si aprivano i cancelli, c’era aria di nuovo. Così il centro venne smantellato”.