La difesa di Massimo Bossetti ha potuto vedere per la prima volta i reperti dell’omicidio di Yara Gambirasio in una udienza del maggio scorso, a 13 anni dal delitto, e avrebbe scoperto un dettaglio che fa sperare i legali nell’ottica di una revisione del processo. Lo ha confermato l’avvocato Claudio Salvagni, che insieme al collega Paolo Camporini assiste l’ex muratore di Mapello condannato all’ergastolo in via definitiva, in una recente intervista rilasciata ai microfoni di Crimini e Criminologia, trasmissione di approfondimento sui casi di cronaca nera in onda su Cusano Italia Tv.



Il legale ha spiegato che dalla ricognizione del materiale conservato, tra cui leggings e scarpe della vittima, è emerso qualcosa di inaspettato che sembrerebbe deporre a favore della tesi difensiva secondo cui Yara Gambirasio sarebbe stata uccisa altrove e non a Chignolo d’Isola. A provarlo, secondo l’avvocato di Massimo Bossetti, sarebbero le condizioni delle calzature indossate dalla 13enne – queste ultime apparse alla difesa particolarmente pulite rispetto allo stato del luogo in cui, per l’accusa, il corpo della giovane restò per 3 mesi, dalla morte fino al ritrovamento avvenuto il 26 febbraio 2011.



La difesa di Massimo Bossetti svela il particolare osservato durante la ricognizione dei reperti

L’avvocato Salvagni è entrato nello specifico della questione e, durante la stessa intervista, ha spiegato qual è l’importanza della particolare pulizia delle scarpe di Yara Gambirasio rispetto alla tesi accusatoria che ha contribuito a portare Massimo Bossetti alla condanna: “Secondo l’accusa, la ragazza è stata uccisa in quel campo (a Chignolo d’Isola, ndr) ed è rimasta lì per 3 mesi, fino al giorno del suo ritrovamento. Noi abbiamo sempre contestato questo dato, ritenendo che fosse in contrasto con tanti altri elementi, per esempio la corificazione (del cadavere, ndr) e così via. Guardando i reperti, ci siamo accorti che la nostra teoria, che non sia morta lì, è forse quella più accreditata. Yara Gambirasio avrebbe dovuto camminare su quel campo, quindi le scarpe dovevano essere sporche di quel terreno, sono state anche per mesi all’aperto. Le immaginavo molto compromesse e invece così non è. Sono veramente molto ben conservate, non dico che sembrino tirate fuori dalla scarpiera, ma poco ci manca“.



Salvagni ha sottolineato un altro dettaglio degno di nota: anche la suola interna delle scarpe della 13enne “era completamente pulita, bianca”, mentre i calzini erano “sporchi di sangue, imbibiti di liquidi putrefattivi“. Una evidenza che, ha aggiunto il legale di Bossetti, “cozza incredibilmente con i due elementi: una calza con queste caratteristiche non può essere stata in quella scarpa che è completamente bianca. Quindi evidentemente le scarpe sono state indossate in un momento successivo ed è proprio ciò che la difesa sostiene da anni. Ecco perché guardare quei reperti era importante“. Dal carcere, l’ex muratore di Mapello ha ribadito di sperare ancora nella revisione del processo e si è detto fiducioso di poter dimostrare di non essere l’assassino di Yara Gambirasio, quell’Ignoto 1 che la Procura di Bergamo, con una indagine dalla mole senza precedenti, avrebbe individuato in lui dopo analisi a tappeto su migliaia di profili genetici.