Circa un anno e mezzo fa, a seguito di una denuncia avanzata dalla difesa di Massimo Bossetti sull’esistenza dei campioni di Dna ritrovato sugli abiti della giovane Yara Gambirasio – ed attribuito al muratore di Mapello – il procuratore di Venezia Adelchi D’Ippolito interrogò il procuratore Letizia Ruggeri. Fu lei titolare dell’inchiesta sulla morte della 13enne di Brembate ed in merito alla possibilità di poter procedere ad una nuova comparazione del Dna per appurare se sia veramente quello di Massimo Bossetti, la dottoressa Ruggeri dichiarò, rispetto alle tracce eventualmente ancora presenti in laboratorio: “Erano completamente svanite… Rimaneva, in quelle provette, l’estratto più scadente… Il migliore Dna è stato utilizzato durante le indagini”. A riportare questo ed altri stralci dell’interrogatorio al pm Ruggeri è stato Giovanni Terzi in un articolo pubblicato oggi su Libero. Dichiarazioni che ruoterebbero tutte attorno alla prova regina del Dna ed all’assenza della famosa “prova in contraddittorio”. “No, la comparazione non è necessario che sia fatta in contraddittorio, la comparazione non va fatta in contraddittorio”, aveva detto in merito il procuratore Ruggeri incalzata da D’Ippolito.



La difesa di Massimo Bossetti, tuttavia, ha sempre richiesto la prova in contraddittorio mai consentita poiché ritenuta “inutile” e impedita per l’assenza del Dna. Due aspetti entrambi smentiti dal procuratore di Venezia durante l’interrogatorio del marzo 2021 al procuratore Letizia Ruggeri. Oggi l’inchiesta è stata archiviata ma, come spiega Terzi, sarebbero emerse dalle carte delle verità interessanti.



Massimo Bossetti, contraddizioni sui campioni di Dna?

Durante quell’interrogatorio di oltre un anno fa, il procuratore D’Ippolito aveva contestato e reso noto alla Ruggeri quanto sostenuto dal professor Casari e dal Colonnello Lago i quali, interrogati, avevano ammesso che l’esame del Dna “era assolutamente ripetibile e che c’era del Dna sufficiente per effettuare una nuova comparazione e vedere se quel Dna era effettivamente oppure no quello di Bossetti”. Nel dettaglio, nel 2021 il professor Casari avrebbe confermato l’esistenza di Dna sufficiente per fare l’esame in contraddittorio.



Lo stesso Casari nel 2021 a Venezia disse quanto già dichiarato nel corso del processo di primo grado a Massimo Bossetti: “Avendo preso in carico tutti i Dna che abbiamo ancora al San Raffaele, quindi sono rimasti ancora tutti a disposizione, li abbiamo ancora tutti e non abbiamo finito nessuna aliquota e quindi quello che noi abbiamo usato negli stessi tubi: c’è ancora materiale per ulteriori indagini, volendo”. Eppure nelle sentenze che condannarono Bossetti all’ergastolo si legge che i campioni genetici erano esauriti. La condanna definitiva a carico di Massimo Bossetti giunse il 12 ottobre 2018 e sia prima che dopo all’uomo non fu mai data la possibilità di portare a compimento la tanto richiesta di comparazione del Dna rinvenuto sui vestiti di Yara e sempre invocata.