Si torna a parlare di Massimo Bossetti, l’uomo che secondo tre gradi di giudizio è l’assassino la piccola Yara Gambirasio. Il motivo è dettato da uno scambio epistolare avuto con il giornalista Giovanni Terzi che tra le pagine di Libero è tonato a parlare della decisione della Procura di Bergamo di negare i nuovi esami sui reperti che l’accusa ha trovato contro di lui. Se nelle prime due lettere intercorse tra il 25 marzo ed il 2 aprile Bossetti appariva ancora speranzoso di poter finalmente dimostrare la sua innocenza, nell’ultima datata 5 giugno ogni sua speranza è crollata nuovamente dopo il “no” ricevuto. “Bisogna trovare a tutti i costi la forza nel resistere e cercare di preservare quella poca dignità che ancora mi è rimasta e non mi è stata rubata”, ha commentato Bossetti dopo l’ennesima doccia fredda. Alla domanda su quale sia la ragione che lo spinge ancora a resistere, l’ex muratore di Mapello replica nella sua mail al giornalista: “fondamentalmente per i miei cari familiari che non hanno mai smesso di credere in me, per tutte le persone che mi stanno accanto e che mi vogliono bene e soprattutto perché dimostrare la mia innocenza è diventata fonte della mia ragione di vita”. L’uomo che per la legge italiana è l’assassino di Yara Gambirasio ha proseguito: “Una persona innocente deve essere disposta a tutto, anche a morire, se dovrà essere necessario farlo… La mia colpa è quella di essere innocente e il vero problema è di essere un cittadino assalito da un terribile errore giudiziario”.



MASSIMO BOSSETTI: “IO INNOCENTE, DIO NON MI ABBANDONERÀ”

Nello scambio epistolare tra Massimo Bossetti e Giovanni Terzi, l’uomo condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio ha ribadito “quanto di disumano ho subito e continuo purtroppo a dover subire”. Come si sente in questo momento? Bossetti ha replicato: “Sono avvolto all’inferno; sono disperato perché mi manca tutto l’amore di chi fuori mi vuole bene e mi chiedo quando smetterò di soffrire così tanto e soprattutto quando riuscirò di smettere di vedere trasparire dagli occhi dei miei figli tanta ingiusta sofferenza. Sono certo che riuscirò a dimostrare la mia più totale estraneità, ma non so quando”. Questo lo diceva prima di conoscere la risposta negativa da parte della Corte d’Assise di Bergamo alla revisione da parte della difesa del Dna dopo che solo pochi mesi prima aveva acconsentito. Nella lettera successiva i toni sono certamente più disperati. “Nessuno può capire davvero quanto sia dura sia fisicamente che psicologicamente. Ogni ora è un giorno ed ogni giorno è una settimana e la sofferenza si abbatte giorno e notte nello status di detenuto, aggravato ancor di più da una accusa infamante quale l’omicidio di una povera bambina”.



I dubbi sulla mancata autorizzazione a procedere con la ripetizione da parte della difesa dei reperti, da lui implorata per 7 lunghi anni, hanno portato oggi a far sprofondare Bossetti nella totale disperazione: “Non so più a chi ed in che modo io mi debba rivolgere per essere ascoltato e capito… Anche se un magistrato mi avrà tolto la libertà di movimento, comunque sia, non potrà mai togliermi la libertà che sta nelle mie ragioni e convinzioni nell’essere innocente”, dice. E di fronte a ciò che lo attende da questo momento in poi, conclude: “Forse verrò abbandonato da tutti ma non da Dio, con Lui troverò sempre le forze nel lottare giorno dopo giorno a questo crudele massacro giudiziario fino al mio ultimo battito respiro di vita”.

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