La difesa di Massimo Bossetti, l’uomo condannato all’ergastolo poichè ritenuto secondo i tre gradi di giudizio il solo assassino di Yara Gambirasio non si dà per vinta. Secondo quanto anticipato in esclusiva dal settimanale Oggi, in edicola da giovedì 16 luglio, il team difensivo di Bossetti avrebbe annunciato un nuovo ricorso in Cassazione, una denuncia penale per “rifiuto di atti d’ufficio” nei confronti dei Ris di Parma e un’istanza al ministro di Grazia e Giustizia, Alfonso Bonafede affinché possa dare l’ok a una ispezione nel tribunale di Bergamo. Sarebbero queste le prossime tre mosse ciascuna delle quali sarebbe motivata dalla stessa difesa. Il ricorso in Cassazione, secondo quanto scrive il settimanale, avrebbe a che fare con la decisione del giudice dello scorso gennaio e avrebbe il ruolo di “sbloccare il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione, Giovanni Petillo, il 15 gennaio scorso ha messo sotto confisca i reperti dell’inchiesta sull’omicidio di Yara”. Gli avvocati difensori di Massimo Bossetti hanno sempre puntato sul riesame del Dna sui corpi dei referti ma ciò non è mai stato permesso alimentando la disperazione dell’uomo condannato all’ergastolo e che si è sempre detto del tutto estraneo al delitto della piccola Yara Gambirasio.



MASSIMO BOSSETTI, LE NUOVE MOSSE DELLA DIFESA

Tra le altre mosse della difesa di Massimo Bossetti, secondo le indiscrezioni che trapelano dall’ultimo numero del settimanale Oggi, anche una denuncia penale nei confronti del Ris di Parma. Si legge in merito: “La denuncia del Ris di Parma e del suo comandante, il colonnello Giampietro Lago è perché, malgrado l’autorizzazione firmata a fine novembre 2019 dal giudice Petillo, hanno «rifiutato, confermando peraltro l’atteggiamento ostile serbato durante l’intero procedimento/processo, il rilascio di quanto richiesto ed autorizzato dall’Autorità giudiziaria»”. Le nuove mosse dimostrano l’intenzione di Massimo Bossetti di non volersi arrendere di fronte ad una condanna definitiva, sempre respinta dal momento che si sarebbe sempre proclamato innocente ed estraneo ai fatti avvenuti a Brembate di Sopra nel novembre di dieci anni fa. Per questo, i suoi avvocati lo avevano definito “disperato” al punto da sentirsi “vittima di una grande ingiustizia”.

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