Massimo Bossetti spera ancora di dimostrare un’innocenza che dal 2014, anno del suo arresto, continua a professare. Una posizione sostenuta nonostante la traccia di Dna che lo ha inchiodato al profilo di Ignoto 1, l’assassino di Yara Gambirasio, e tre gradi di giudizio conclusi con la sua condanna definitiva all’ergastolo. L’avvocato dell’ex muratore di Mapello, Claudio Salvagni, ha ribadito davanti alle telecamere del programma Le Iene, intervistato da Antonino Monteleone, tutti i dubbi avanzati dalla difesa in ordine alla colpevolezza del suo assistito cristallizzata in sentenza. Tanti, troppi, secondo il legale, gli interrogativi spinosi che grativano intorno alla ricostruzione investigativa che ha portato Massimo Bossetti in carcere con fine pena mai.
A detta dei difensori di Bossetti, le certezze della Procura di Bergamo non sarebbero così granitiche. Sul cadavere di Yara, ha dichiarato Salvagni, numerosi Dna rimasti ignoti oltre quello della famosa traccia 31G20 isolata sugli slip della 13enne che, per gli inquirenti, appartiene all’autore dell’omicidio individuato in Massimo Bossetti. Materiale biologico su cui mai si sarebbe concentrata la stessa attenzione riservata a quanto repertato sulle mutandine della vittima. E poi la questione del furgone di Massimo Bossetti, impresso nel video che avrebbe dimostrato la presenza del “predatore” in agguato intento ad aggirarsi intorno alla palestra frequentata dalla ragazzina, proprio la sera della scomparsa. Un filmato che, come sarebbe emerso in seguito, sarebbe stato “confezionato” per “esigenze di comunicazione” e non riprodurrebbe con certezza il passaggio ripetuto dello stesso mezzo in uso a Bossetti nelle ore chiave in cui di Yara si perse ogni traccia. Salvagni lo dice senza esitazione: “Si voleva creare il mostro“.
Il video del furgone di Massimo Bossetti e i Dna rimasti ignoti: l’avvocato Salvagni torna sui dubbi del caso Yara
Durante la scorsa puntata della trasmissione Le Iene, Antonino Monteleone è tornato sul caso Yara Gambirasio e sulla condanna all’ergastolo inflitta a Massimo Bossetti. Secondo il suo avvocato, Claudio Salvagni, l’uomo sarebbe stato dichiarato colpevole ancora prima di essere processato e a questa narrazione “distorta” avrebbero contribuito alcune mosse degli inquirenti. Su tutte, ha spiegato il legale dell’ex muratore di Mapello, l’aver confezionato il famoso video del furgone attribuito a Massimo Bossetti come prova della sua presenza sulla scena della sparizione della 13enne la sera del 26 novembre 2010. Troppi dubbi insoluti, seconod la difesa, insisterebbero su quel filmato: “Dalle telecamere non possiamo sapere neanche la tipologia, la marca e il modello del furgone. Tantomeno la targa che non si vedeva. Sono state associate le immagini di quattro telecamere che restituivano delle immagini differenti, dicendo che tutte facevano riferimento allo stesso furgone e che questo era di proprietà di Massimo Bossetti. E che girava intorno alla palestra…”.
“Durante il processo – ha ribadito Salvagni – io ho controesaminato il colonnello Lago il quale, messo alle strette, dopo aver detto che non poteva affermare in alcuni passaggi che quello fosse il furgone di Bossetti, ha testualmente affermato che quel video era stato fatto, in accordo con la Procura, per esigenze di comunicazione“. In buona sostanza, secondo la difesa sarebbe stato prodotto un filmato che, comunque inutilizzabile ai fini processuali, avrebbe contribuito in modo determinante alla creazione di un’immagine indelebile in riferimento al suo assistito: “Si voleva creare il mostro, è la strumentalizzazione del processo mediatico, quello di creare il mostro attraverso la televisione“.