Lunga riflessione di Massimo Cacciari sul mondo politico. Intervenuto sulle colonne de La Stampa, il filosofo ha acceso i riflettori sulla paura e sul ruolo giocato dal potere su di essere. «Il sentimento di paura favorisce la naturale (questa sì davvero naturale) tendenza dell’uomo ad affidarsi a chi crede sia, magari per l’espace d’un matin, il suo buon pastore», ha spiegato l’ex sindaco di Venezia…
«Quando una Fortuna propizia ci fa dono di una leadership adeguata, state pur certi che essa saprà far leva sulla partecipazione intelligente, sulla collaborazione di tutti i suoi governati mille volte più che su norme e pene. Sono vent’anni che rispondiamo alle paure che la “grande trasformazione” produce promettendo soluzioni e ingigantendole, rassicurando e terrorizzando a un tempo», l’argomentazione di Massimo Cacciari, che ha parlato senza mezzi termini di un regime di sorveglianza universale.
MASSIMO CACCIARI E IL RUOLO DELLA PAURA
Massimo Cacciari ha spiegato che questa situazione parte da diverso tempo fa, dall’attimo successivo alle grandi speranze con la nascita dell’euro, passando per il terrorismo islamico, la crisi economica-sociale e l’immigrazione. Nessuno di questi momenti è stato davvero superato secondo il professore: «La risposta segue un paradigma univoco: drammatizzazione della paura; informazione a base di “si si-no no”, aut-aut, bianco-nero; un balbettante consolare-rassicurare privo di analisi, sostanza, progetto; enfasi straordinaria sulla dimensione normativistico-penalistica degli interventi». Un’arte che sembrava in mano alla destra ma in realtà il modello si è allargato: «Ogni forza politica si va specializzando in un ramo particolare del complesso paura-rassicurazione, in cui la rassicurazione è tanto più efficace quanto più cresce la paura, come per San Paolo si tengono peccato e legge». Fino alla pandemia, ha sottolineato Massimo Cacciari: «La competizione politica si sta sempre più svolgendo su questo terreno. E potrebbe anche andare se ognuno, per la sua parte, avesse proposte corrispondenti alla gravità delle questioni, e non solo si appellasse alla nostra fede sulle sue capacità di risolverle. E risolverle come? E qui davvero è evidente tutta la “miseria” in cui ci troviamo: risolverle con norme e pene, norme all’inseguimento della situazione, incapaci di prevedere e governare».