CHI È MASSIMO D’ALEMA, EX PREMIER ORA LOBBISTA E CONSULENTE
Massimo D’Alema ospite di “In Altre Parole” su La7 per offrire con Massimo Gramellini una riflessione e un esame sui principali fatti d’attualità. Lo farà facendo anche leva sull’esperienza maturata nel corso della sua attività politica, che gli ha consentito di stringere rapporti con leader mondiali come Bill Clinton e Lula, ma anche con la Cina. La sua storia è per certi versi legata a quella di Romano Prodi, di cui è stato successo a Palazzo Chigi nel 1998, poi è stato ministro degli Esteri e vicepremier del secondo governo Prodi. Inoltre, è tra gli artefici della nascita del Pd.
Dal 2013 però non ha cariche pubbliche, ma è spesso ospite di programmi di approfondimento politico, concentrandosi nel frattempo anche sul settore vinicolo. La sua attività principale ora sono le consulenze. In estate, ad esempio, Open ha riportato che è riuscito a mettere da parte il suo primo milione di euro grazie alle consulenze dell’anno scorso tra Italia e in Inghilterra, effettuate dalla società DL&M advisor, che ha quadruplicato l’utile rispetto all’anno precedente, raggiungendo poco meno di 3 milioni di euro di fatturato.
Si tratta della capogruppo delle attività da imprenditore dell’ex politico di sinistra, che controlla le attività vitivinicole della famiglia, visto che ha il 15 per cento della Silk Road Wine e il 30 della società agricola La Madeleine.
MASSIMO D’ALEMA SU EUROPA ED ELEZIONI USA 2024
Massimo D’Alema, che è l’unico “figlio” del Pci ad essere diventato Presidente del Consiglio, potrebbe avere l’occasione ad esempio per commentare la vittoria di Donald Trump alle Elezioni Usa 2024. Recentemente ha lanciato un allarme all’Europa, che ora sarà più sola, quindi dovrà con forza tutelare i propri interessi fondamentali. A preoccuparlo sono il nazionalismo del repubblicano e la sua politica economica aggressiva, in particolare sui dazi.
Dunque, per l’Europa si pone un problema nell’alleanza con gli Stati Uniti, perché gli interessi non coincidono. Il suggerimento di Massimo D’Alema è, quindi, quello di puntare a una giusta globalizzazione: l’Europa, in altre parole, deve esprimere la sua potenza culturale e tecnologica nei rapporti con i nuovi mercati, ma serve una classe dirigente all’altezza per vincere questa sfida.
LE RIVELAZIONI SULLA GUERRA IN KOSOVO (E LA LEZIONE PER L’UCRAINA)
Massimo D’Alema è anche il premier che ha portato in guerra, infatti ritiene che la crisi del Kosovo abbia segnato la sua esperienza governativa. In realtà, era stata già presa la decisione dal governo Prodi, prima della caduta, quindi D’Alema fece di tutto per arrivare che si arrivasse al conflitto. In un’intervista al Corriere ha rivelato di aver anche incontrato il presidente serbo, che era vicino all’omonimo jugoslavo Milosevic, nello studio del suo dentista, visto che erano entrambi suoi pazienti. Dopo che la pulizia etnica si fece più forte e vedendo la situazione recandosi sul posto, capì che la missione non solo era inevitabile, ma anche urgente.
Non mancarono dissidi con gli alleati, ad esempio sul bombardamento delle città serbe, ma Belgrado venne colpita comunque e l’operazione fu condotta da americani e inglesi, ha raccontato Massimo D’Alema. Ancor più duro fu lo scontro sull’invasione proposta da Blair col sostegno di Aznar, ma la proposta venne archiviata grazie a Clinton che non voleva dividere l’Europa con quell’operazione.
La liberazione di Rugova aprì la strada a uno sbocco diplomatico, dunque tornando al presente, ritiene che non si possa pensare di far combattere l’Ucraina per una vittoria a tutti i costi con la Russia che non può arrivare. Bisogna fermarsi per evitare una catastrofe mondiale e alla politica spetta il compito di trovare una via d’uscita, lasciando ad esempio ai cittadini del Donbass la libertà di decidere per sé.