Massimo D’Alema, ex presidente del Consiglio, è intervenuto sulle colonne del quotidiano “Domani” in occasione dell’anniversario dell’attentato terroristico alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, sottolineando che la risposta occidentale all’attacco delle Twin Towers aveva “un contenuto militare, che ha ottenuto qualche risultato, ma aveva soprattutto un forte disegno politico-culturale: l’idea che attraverso l’espansione della democrazia nel mondo islamico si sarebbero costruiti anticorpi in grado di debellare il fondamentalismo antioccidentale e il terrorismo. Questo progetto è fallito”.
La veridicità di queste parole è confermata dalla recente conquista dell’Afghanistan da parte dei talebani, con annessa presa della capitale, Kabul. Soprattutto, non solo con le armi, “è fallita l’idea che la democrazia si possa esportare e sono fallite anche le primavere arabe, che erano l’espansione della democrazia sull’onda di un movimento popolare. L’omologazione culturale non funziona”.
MASSIMO D’ALEMA: “I TALEBANI SONO UN MOVIMENTO POLITICO, NON SONO TERRORISTI”
Nel prosieguo della chiacchierata con i colleghi di “Domani”, D’Alema ha posto in evidenza il fatto che “l’attentato alle Torri Gemelle on fu opera dei talebani, ma di una élite araba, per lo più saudita, che era finita sulle montagne dell’Afghanistan, perché lì l’avevano portata gli americani, che avevano favorito la creazione di un movimento di volontari islamici per combattere contro i sovietici”.
Successivamente, l’ex premier ha affermato senza troppa retorica che i talebani sono un movimento fondamentalista, violento e intollerabile per i comportamenti contro le donne e contro le minoranze, ma “credo sia sbagliato definirli un gruppo terrorista. L’Isis è un gruppo terrorista, i talebani sono un movimento politico, come Hezbollah e Hamas. Definirli terroristi è una stupidaggine, tanto più che gli americani parlano con i talebani ininterrottamente dal 2018″. Proprio a proposito di questi dialoghi ininterrotti, l’intervistato sottolinea l’ovvietà degli stessi, dal momento che l’intento comune è quello di scongiurare una catastrofe umanitaria: “Solo da noi si poteva sviluppare un dibattito surreale come quello sulle parole di Giuseppe Conte. Il vero problema è come parlare con i talebani senza che questo significhi un riconoscimento formale della legittimità del loro governo”.