Massimo Galli, responsabile del reparto malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, ha rilasciato un’intervista ai microfoni di “Un giorno da pecora”, trasmissione di Rai Radio 1, mediante la quale ha messo gli italiani in guardia circa la pandemia di Coronavirus. Queste sono state le sue parole: “Le cose stanno andando peggio del previsto, temo. L’emergenza non finirà tanto presto. Se l’anno prossimo potremmo ancora chiederci come sarà il Natale? C’è questa possibilità, ma mi auguro che così non sia”.
La terza dose, secondo alcuni colleghi di Galli, potrebbe dare un’immunità permanente o comunque più duratura rispetto a quella data dalle prime due: “Io questo francamente non lo so – ha aggiunto –. Questo è un virus che cambia quanto basta. Per il momento almeno, e per un numero di mesi non determinato, spero non di anni, tocca andargli appresso e cercare di stare fuori dai pasticci. Quello che conta molto è quanti vaccinati abbiamo, anche perché un vaccinato ha una probabilità di infettarsi 5-6 o forse più volte inferiore rispetto a chi non è vaccinato”.
MASSIMO GALLI: “MASCHERINA VA PORTATA”
Secondo Galli, inoltre, è opportuno indossare la mascherina all’aperto, in particolare in contesti affollati come gli stadi: “Serve e consiglio di usarla, perché ancora adesso ne abbiamo la necessità, soprattutto se vogliamo continuare a sperare di tenere gli stadi ancora semi-pieni e a svolgere tutte le altre occasioni di incontro”.
Successivamente, l’esperto ha preso la parola a “Oggi è un altro giorno”, trasmissione di Rai Uno condotta da Serena Bortone: “Noi abbiamo a nostre mani uno strumento per limitare la diffusione dell’infezione, il vaccino, che è uno strumento imperfetto, ma fondamentale – ha asserito –. C’è poi l’aspetto dell’importanza della mascherina e degli altri possibili strumenti di protezione individuale, che continua a essere un dato di fatto. Gli ospedali cominciano a manifestare qualche segno di problematicità e questo sinceramente non dovremmo più potercelo permettere, perché continueremmo, nel caso, a rimandare la cura e la prevenzione di molte altre malattie, come successo in tutto il 2020, anno del primo lockdown”.