Ci aspetta un periodo decisamente difficoltoso a causa dei numerosi contagi covid, e sono diversi gli scienziati concordi sulle prospettive tutt’altro che rosee, a cominciare da Massimo Galli, direttore della Struttura di Malattie Infettive presso l’Ospedale Sacco di Milano. Intervenuto dalla trasmissione di Rai Tre, Agorà, ha confessato: “La realtà dei fatti ci dice che le misure previste dall’ultimo Dpcm non bastano. I casi che abbiamo visto nel fine settimana sono con molta probabilità casi sintomatici ovvero sono persone che sono state tamponate perché presentavano problemi e quindi molti di loro avranno avuto bisogno di cure a domicilio o in ospedale. E questo è un bel preannunzio della settimana che ci aspetta”.



Quindi Galli ha ribadito: “Quello che vediamo non è stupefacente, è quanto ci si poteva attendere succedesse considerando le settimane precedenti e anche le esperienze dei paesi vicini, e considerando anche che quello che è stato messo in campo era e si è dimostrato ampiamente insufficiente. Anzi ci sono state riaperture proprio quando non si sarebbe dovuto riaprire nulla”.



MASSIMO GALLI E SEBASTIANI PREOCCUPATI DALLA CURVA COVID IN ASCESA

Grande preoccupazione anche nel matematico del CNR, Giovanni Sebastiani, che ha mostrato come la curva dei contagi stia praticamente raddoppiando ogni 6 giorni, come confermato dall’impennata dell’indice Rt delle ultime settimane. Le tre regioni più attenzionate in questo periodo sono Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, e secondo quanto sostenuto dal matematico, sarebbe importante comprendere la percentuale sui casi totali della variante inglese, la versione “modificata” del ceppo originario che sta facendo schizzare alle stelle i contagi: “sarebbe interessante – spiega – quantificare la presenza della variante inglese in ciascuna delle tre regioni per spiegare i differenti valori del tempo di raddoppio”. Anche Sebastiani, come Galli, è convinto che bisognerebbe agire con ulteriori strette: “Allo scopo di limitare la diffusione dell’epidemia sarebbe opportuno agire sul fattore scatenante dell’attuale espansione dell’epidemia, ossia il ritorno all’attività didattica in presenza avvenuto tra l’inizio di gennaio e quello di febbraio, che ha veicolato la diffusione delle nuove varianti del virus, specialmente quella inglese, come si può vedere dal tempo di raddoppio più breve rispetto a quello della fase espansiva di ottobre, di poco sopra a 7 giorni”.

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