Massimo Galli, infettivologo divenuto noto per le sue apparizioni in televisione durante la pandemia di Covid-19, è andato di recente in pensione, ma non intende fermarsi. “Ho rinunciato all’attività clinica, perché quando si lascia una funzione per raggiunti limiti di età è giusto non stare col fiato sul collo dei successori, pur rimanendo a disposizione. Ma la ricerca continua, anche se da anziano signore di 71 anni”, ha affermato in una intervista a Specchio.



In queste settimane sta presentando il suo libro dal titolo “Gallipedia”, edito da Vallecchi, ma intanto va avanti con i suoi lavori connessi alla pandemia che è volta al termine. “Sto seguendo degli studi di infettivologia, di filogenesi dei virus come il Sars-Cov-2 e le sue varianti, poi alcuni lavori epidemiologici per valutare il livello di anticorpi e di reattività immunitaria di un vasto campione in base a vaccinazioni, tempo trascorso e infezioni”, ha rivelato.

Massimo Galli: “In pensione ma continuo ricerca”. Le ambizioni

I progetti di Massimo Galli, nonostante sia in pensione, sono numerosi. Uno di questi riguarda il “Liber mortuorum” di Milano, che cataloga i decessi dal 1450 al 1800. “L’idea nacque per identificare i casi di peste. I morti ricevevano un’ispezione e venivano descritti. Un’esperienza senza eguali in Europa. Vorrei digitalizzare questo patrimonio, analizzare le febbri di cui si moriva e studiare la peste da cui alcuni pure sopravvivevano, compresa quella manzoniana del 1630. È una malattia infettiva di origine batterica che esiste ancora in certi posti, per esempio in Madagascar”, ha spiegato.

È un lavoro che non può essere soltanto rivolto alla storia di un tempo dimenticato. “Comprendere le epidemie del passato è fondamentale per il futuro, anche perché quando una malattia esplode gli atteggiamenti sono sempre gli stessi: la negazione, il tentativo di non chiudere, il timore per l’economia e, infine, la triste accettazione”, ha concluso l’infettivologo.