La storia di Willy Monteiro Duarte, il 21enne pestato a morte a Collefero, scuote l’Italia e sui social è intervenuto anche Massimo Giannini. Il direttore della Stampa, però, sta facendo discutere per un tweet in cui suggerisce di bandire le arti marziali e le palestre dove si praticano. Una proposta senza senso per gli utenti, che infatti lo hanno riempito di commenti critici e di scherno nelle ultime ore. Tutto è partito da questo tweet: «Ciao #Willy, ragazzo coraggioso e generoso. Ma ora, puniti i due esaltati energumeni che lo hanno massacrato, vogliamo bandire certe discipline “marziali” e chiudere le relative palestre?». Una vicenda come quella dell’omicidio del giovane senza dubbio porta a riflessioni condizionate dall’emotività, ma è facile comprendere che dietro questa tragedia non ci sono di cero le palestre dove si praticano le arti marziali, del resto la cronaca è piena di casi di ragazzi uccisi di botte e non di certo da persone esperte di determinate discipline. La questione invece è un’altra…
MASSIMO GIANNI, IL CASO WILLY E LA POSIZIONE DI SAKARA
«È come se dopo una sparatoria chiedesse di abolire la caccia», commenta un utente. Ma sono tanti i messaggi per Massimo Giannini: «Ma cosa c’entrano le discipline marziali? Allora bandiamo anche i coltelli da cucina, le padelle e tutti gli oggetti contundenti visto che in preda ad una crisi di nervi qualsiasi cosa può diventare un’arma?». In effetti, seguendo il ragionamento di Giannini, potremmo davvero pochissime cose, visto anche attività innocue e quotidiane possono rivelarsi pericolose. Chi comunque di arti marziali se ne intende, il campione Alessio Sakara, ha indirettamente dato la miglior risposta al direttore della Stampa: «Le MMA non sono queste. Quelle sono mele marce. Le Arti Marziali miste sono uno sport che fonda in dei valori e dei principi come il rispetto e l’onestà, impegno, sacrificio, umiltà, voglia di imparare, costanza e passione». Nel suo post pubblicato su Instagram ha aggiunto: «Continuerò la mia battaglia per cancellare dei cliché che riducono questo sport a un banale atto di violenza».