Massimo Giletti da due settimane è sotto scorta. Il conduttore di “Non è l’Arena” con le sue inchieste, in particolare quelle sulle rivolte in cella durante l’epidemia di coronavirus cui sono seguite diverse scarcerazioni di pericolosi detenuti al 41-bis, ha irritato il boss Giuseppe Graviano. Le intercettazioni del Gom, riportanti le parole del mafioso, lamentatosi apertamente di quel giornalista che “mi sta scassando la minc*ia”, sono state pubblicate a luglio da Repubblica. Soltanto allora Giletti ha appreso di quella circostanza, denunciando di essere stato informato del fatto a due mesi da quell’intercettazione ed esclusivamente grazie alla sua pubblicazione su un giornale: “È un altro tassello misterioso. Non posso pensare che le istituzioni non sappiano quello che avviene se non lo leggono su un libro o su un giornale. C’è qualcuno che ha tenuto tutto nel cassetto. Se avrà voglia, un giorno me lo spiegherà”, ha detto intervistato dal Corriere della Sera. Giletti ha così descritto il suo stato d’animo dopo l’assegnazione della scorta: “Profonda tristezza. Senso di solitudine. Se il Viminale mi assegna la scorta vuol dire che nel mio programma abbiamo toccato qualcosa di grave e molto pericoloso. Ma essere un unicum ti espone. Diventi obiettivo. È quello che faccio più fatica ad accettare. (…) Il fatto che ora io sia un obiettivo significa che le nostre inchieste hanno colpito nel segno. Nonostante qualcuno abbia sostenuto il contrario”.



MASSIMO GILETTI SOTTO SCORTA: “IO SALVINIANO? DICO CHE…”

Qualcuno aveva accusato Giletti di strizzare l’occhio a Salvini con quelle inchieste, ma il giornalista tira dritto: “Ho fatto sempre la mia strada. Non ho mai pensato di dover piacere per forza a chi appartiene ai salotti bene di Roma e ti guarda un po’ con la puzza sotto il naso perché non fai parte degli intellettuali di sinistra. Ma mi è sembrato un alibi banale per non occuparsi dei temi che avevamo sollevato. Se tutti se ne fossero occupati forse ora non avrei bisogno della scorta”. Al ministro della Giustizia Bonafede, che non ha preso una posizione pubblica sulla vicenda, Giletti riserva una stoccata: “Dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ancora mi aspetto una presa di distanze da quelle parole di Filippo Graviano, intercettate dal Gom. Mentre a me e al magistrato Nino Di Matteo dava dei rompiscatole, lo lodava dicendo: “Fa il suo lavoro”. E siccome non parliamo di un criminale qualsiasi ma dello stratega politico della mafia le sue parole hanno un peso ben preciso. Quindi non basta fare telefonate private di circostanza. Bisogna prendere una posizione pubblica. Ancora la aspetto”.



MASSIMO GILETTI: “DELUSO DA TRAVAGLIO”

L’amarezza di Massimo Giletti arriva ad interessare anche il mondo del giornalismo, colpevole di averlo isolato su un tema tanto delicato: “Quando un criminale di spessore come Benedetto Capizzi si rammarica che se non ci fossimo stati noi sarebbe tornato a casa, ti fa male pensare che altri colleghi non hanno ripreso le nostre inchieste su quello che è successo davvero, il ruolo dell’ex capo del Dap, Francesco Basentini, il retroscena da noi svelato sulla sua nomina dopo la proposta fatta a Di Matteo”. Giletti si è detto deluso in particolare da Marco Travaglio, “giornalista che ho sempre stimato e difeso, ha definito il mio programma un covo di mitomani e siccome ho avuto ospiti come Catello Maresca, Di Matteo, Sebastiano Ardita, Luigi de Magistris, Antonio Ingroia e Sandra Amurri, mi sconforta. Proprio perché Il Fatto Quotidiano è il giornale simbolo dell’Antimafia”. Di rinunciare alla ricerca della verità, comunque, Massimo Giletti non ha alcuna intenzione: “Molta gente semplice mi dice “vai avanti”. Una nonnetta, giorni fa, in un paesino vicino a Marsala, mi ha chiamato, ha tirato fuori un barattolo di melanzane sott’olio e offrendomelo ha detto a suo nipote: “Questo è un uomo vero”. Credo sia un dovere fare luce su verità in ombra. Mi costerà. Ma non posso tirarmi indietro”.

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