«Libertà è una parola fondamentale, se non la parola fondamentale per ogni lessico civile»: lo scrive lo psicanalista Massimo Recalcati nel suo nuovo libro “La tentazione del muro”, di cui oggi è anticipato un brano in esclusiva su “La Stampa”. Il tema della libertà, da Platone a Dostoevskij ha affascinato e impegnato gli uomini di fulgido intelletto della storia umana e così sarà per sempre: l’interesse di Recalcati è quello di inserirsi nel vasto dibattito con una piccola “provocazione” per provare a introdurre meglio il concetto inesprimibile con le sole parole umane della libertà. «La vita umana non è solo domanda di appartenenza ma anche esigenza di libertà, desiderio di erranza. Tuttavia, la libertà non è solo un’esperienza di liberazione, di affermazione della singolarità della propria vita, ma è anche, paradossalmente, una “condanna”».
L’uomo è infatti quasi “condannato a essere libero”, spiega ancora il famoso psicoanalista e scrittore facendo accenno al tempo così pregno di “introspezione” e cambiamenti che inevitabilmente assume l’emergenza pandemia in tutto il mondo. Siamo «condannati alla libertà», ma che significa questo concetto che forse tutti in momenti particolari di lucidità hanno saputo riconoscere nella propria esistenza? «Se siamo liberi non è perché abbiamo scelto la libertà, ma perché siamo gettati nella libertà, forzatamente consegnati, vincolati, incatenati alla libertà».
LIBERTÀ COME DIPENDENZA
Messa così allora sembra non avere scampo, sembra di essere bloccati nella situazione angosciosa di non poter essere liberi dalla libertà: e in effetti di angoscia Recalcati parla, una sofferenza provocata e insita nel cuore dell’uomo «Non posso liberarmi dalla responsabilità della scelta, non posso sottrarmi al suo peso. Anche se scelgo di non scegliere, questa opzione resterà sempre espressione di una scelta singolare». Da Nietzsche fino a Freud, passando per Fromm, il percosso di Recalcati è un saliscendi di rapporto costante libertà-responsabilità-dipendenza dove però sorge uno squarcio tanto importante quanto ancora tutto da scoprire: nella differenza tra “libertà da” e “libertà di” si gioca tutto l’essenza dell’umana scelta.
Come? «Questa libertà – la «libertà da» – mantiene ancora un legame di dipendenza con le persone che si sono prese cura della vita del figlio. In questo modo il soggetto che si dichiara libero può comunque preservare sempre il carattere «primario» dei suoi legami più profondi» scrive Recalcati, ribadendo però subito come si tratti di una libertà «che può sempre ritornare nel grembo da cui il soggetto si è separato. In questo senso è una forma incompiuta della libertà e del processo di individuazione. Diversamente, la «libertà di» è la forma compiuta della libertà che implica la realizzazione del processo di individuazione». Infine, ecco la “provocazione” di Recalcati su cosa possa voler dire “recidere” dagli impegni e dagli affetti: «È solo la recisione definitiva di questo rapporto di dipendenza a poter sancire il passaggio dalla «libertà da» alla «libertà di». Ma la «libertà da» in se stessa non può mai assicurare il passaggio alla «libertà di». Questo significa che la necessaria liberazione dalle costrizioni non coincide ancora con l’esercizio compiuto della libertà».