Sulle colonne del quotidiano “La Repubblica” è intervenuto in queste ore Massimo Recalcati, psicanalista, saggista e accademico, per parlare della scuola, che, a suo dire, si trova già da tempo in terapia intensiva, ben prima dell’emergenza epidemiologica connessa al Coronavirus. “Tutto il dibattito attuale sul presente e sul futuro dell’istruzione appare integralmente assorbito dal problema della sicurezza – scrive –. Tuttavia, limitarsi a ragionare sulle distanze necessarie da preservare, sul rischio degli assembramenti e sulle mascherine, sulla presenza o meno delle pareti divisorie, spoglia fatalmente la riflessione, schiacciandola sulla necessità della gestione della crisi sanitaria”. D’altro canto, secondo Recalcati non esiste didattica a distanza: la tecnologia non può supplire alla vita comunitaria della scuola. Ecco perché è necessario fra ritornare al più presto in aula gli studenti, a rieducarli all’apprendimento frontale. A recuperare quella normalità strappata da un nemico invisibile.
MASSIMO RECALCATI: “ECCO COME RIFORMARE LA SCUOLA”
Sempre attraverso gli spazi del quotidiano “La Repubblica”, ecco dunque che Massimo Recalcati offre il suo punto di vista in merito a un’auspicabile riforma della scuola, suggerendo anche i punti sui quali intervenire: favorire l’interdisciplinarietà; rendere possibile una diversa circolazione degli allievi attraverso la composizione di piani di studio più adeguati alla loro attitudine come già accade in molti Paesi; portare la scuola verso la città, nei quartieri, nei territori, nei luoghi culturali, reinserendola come protagonista attiva della nostra vita sociale; abolire definitivamente un uso “solo sadicamente numerologico” della valutazione; riqualificare seriamente la formazione e il lavoro degli insegnanti per favorire la permanenza nella scuola dei migliori. “Ma per fare questo occorrerebbe lo studio nel dettaglio di una ricomposizione inedita della didattica e del rapporto della scuola con la città – conclude Recalcati –. Chi vi si sta dedicando? È necessario uno sforzo politico e culturale di immaginazione e di pensiero. Meglio se collettivo, meglio se capace di coinvolgere gli insegnanti e le loro associazioni. In ogni caso libero, laico, vivo, insomma non pietrificato dallo sguardo di Medusa del virus”.