Continua ad essere in fuga nei boschi sopra il lago di Como, Massimo Riella. Era in carcere per rapina quando è scappato, il 12 marzo scorso, subito dopo essere sceso dal furgone della polizia penitenziaria che l’aveva trasportato a Brenzio, nel comasco, per farlo pregare sulla tomba della mamma defunta. E forti sospetti, come scrive il Corriere della Sera nella sua edizione online, ricadono sulla gente del posto, che pare sembra stia proteggendo lo stesso Massimo Riella, convinta che sia innocente. “Un’intera valle – scrive a riguardo il quotidiano di via Solferino – nasconde e protegge, veste e sfama Massimo Riella, fino al 12 marzo ignoto ai più e adesso, proseguendo a oltranza la sua latitanza, divenuto perfino leggendario come certi pirati del lago d’un tempo”.
Ne è convinto anche il papà Domenico: «La gente se lo passa di casa in casa, il mio Massimo non vaga nei boschi cacciando a mani nude… Lo tengono una notte a testa, quindi riparte. Semplice». Poi aggiunge: «Siamo già d’accordo che ce lo porto io, ai carabinieri. Prima però bisogna arrestare il vero colpevole. Il mio Massimo è mezzo matto, m’ha fatto disperare… Però non è tipo da picchiare gli anziani. Lui è fuggito per dimostrare la propria innocenza. Anche se ho il terrore che voglia farsi giustizia da solo. Casomai l’accoppa…».
MASSIMO RIELLA, EVASO E IN FUGA SOPRA COMO: PER IL PADRE UN AMICO L’HA INCASTRATO
Domenico Riella punta il dito nei confronti di un altro uomo, che sarebbe il reale responsabile della rapina per cui Massimo era stato arrestato: «Non ricordo il nome. Un amico di Massimo. Traffica con la droga». Il 48enne, con una figlia e una compagna, era stato catturato a dicembre, accusato di aver aggredito e derubato di settecento euro una coppia di novantenni nella zona alta del Lario, oltre Dongo.
Ma secondo il padre, il figlio non è un mostro: «Ma quale santo… Per carità, avrà fatto sei, sette anni di cella, chi lo discute è scemo. Ma lui, anzi l’intera valle, che dico, ogni angolo delle montagne, esclude abbia preso di mira due poveri vecchi». Quindi di nuovo sul presunto colpevole: «Senta, quel tizio dormì da Massimo, a casa sua, e così ebbe l’occasione per incastrarlo, adoperando una lama sulla quale c’erano le impronte di mio figlio. Non ci vuole un genio». A Riella danno la caccia carabinieri e finanzieri: prima o poi il cerchio si chiuderà, e l’evaso sarà catturato.