Massimo Troisi è il protagonista di Massimo, il mio cinema secondo me, documentario dedicato alla sua vita artistica in onda oggi in prima serata su Rai3. Presentato al pubblico del Festival internazionale del film di Roma nel 2013, il documentario si propone di raccontare Massimo a tutto tondo, senza però risparmiare un focus sulla sua attività da regista, in cui mise letteralmente il cuore fino a giocarselo, nel 1994, a causa della poca celerità nell’affrontare un trapianto che pure i medici ritenevano indispensabile. Ma lui s’incaponì: “Questo film lo voglio fare con il mio cuore”, disse, riferendosi al Postino, film uscito nel 1994 che ottenne un enorme successo in Italia e all’estero. Si sentiva tutta la passione che Troisi impiegò nel portare a termine quel lavoro, l’ultimo della sua carriera e della sua vita, visto che – nello stesso anno, all’età di soli 41 anni – l’attore si spense senza riuscire a godersi il successo della pellicola, candidata a ben sei Oscar tra cui uno a Massimo nella categoria Miglior attore protagonista. Ne vincerà soltanto uno, quello per la miglior colonna sonora al compositore Luis Bacalov.
Il rapporto tra la televisione e Massimo Troisi
Nel documentario trova spazio anche l’audio inedito di un’intervista del 1993, una delle tantissime che l’attore rilasciò in quel periodo. Al contrario di molti suoi colleghi, infatti, Massimo Troisi riteneva che la televisione non costituisse di per se stessa la ‘morte’ del cinema e delle altre arti universalmente ritenute più nobili o ‘pregevoli’; anzi, come ha dimostrato, la tv poteva costituire un ottimo palcoscenico, non fosse per le continue interruzioni dovute alle pubblicità e ai repentini cambi di scaletta dinanzi ai quali – però – non si è mai mostrato insofferente, se non scherzandoci su e facendola divenire l’ennesima occasione per interpretare gli stati d’animo del pubblico e strappare risate facili agli spettatori.
Massimo Troisi, l’improvvisazione la chiave della sua comicità
Degno di nota anche il suo modo di fare davanti alle telecamere, a cui si mostrava spesso ingenuo, semplice, rivelandosi ancora una volta il re del paradosso e dell’espressione singolare, riuscendo a simulare con gli artifizi propri del suo stile comico anche e persino un atteggiamento che sembrasse spontaneo. Ricordiamo che la sua formazione si deve al teatro, dove – forse – un attore riesce a essere più se stesso che altrove: “Ho cominciato a scrivere io”, dichiarò in un’occasione Massimo Troisi, parlando della sua esperienza al fianco di altri attori della scuola napoletana (come Lello Arena ed Enzo Decaro). “Già scrivevo poesie, ma solo per me, poi ho cominciato a buttare giù canovacci e tra parentesi mettevo ‘lazzi’, quando si poteva lasciare andare la fantasia. A me divertiva proprio uscire coi ‘lazzi’, improvvisare, per poi tornare al copione”. Proprio all’elemento dell’improvvisazione si deve il successo dei suoi film più noti, la ‘trilogia’ Ricomincio da tre (1981), Non ci resta che piangere (1984) e Pensavo fosse amore… invece era un calesse (1991).