Era il 22 aprile 2017 quando sparò verso l’auto di tre ladri in fuga che avevano fatto dei colpi nei bancomat. Il giostraio Manuel Major morì, centrato alla tempia dai colpi sparati dall’allora guardia giurata Massimo Zen, che i banditi avevano puntato per investirlo. La Cassazione ha confermato la condanna di 9 anni e sei mesi di carcere per omicidio volontario, nonostante la procura generale avesse chiesto l’annullamento della condanna e il rinvio alla Corte d’Appello. Lo rivela lo stesso ex ranger di Cittadella al Corriere: “Ancora non so quando mi verranno a prendere per portarmi in carcere. Oggi o domani, al massimo lunedì, credo. Ad ogni modo, sono le mie ultime ore di libertà“. L’uomo sta preparando tutto con cura e si sta godendo le sue ultime ora a casa, con il figlio e la compagna, in attesa che arrivino i carabinieri.
“Ho abbracciato mio figlio, comprato le crocchette per i cani, ho salutato i miei genitori, che sono entrambi malati“. Più che essere preoccupato per ciò che gli aspetta, è deluso dalla giustizia, “che non ha tenuto conto della situazione in cui mi sono trovato a operare“. Ma è deluso anche dall’azienda per la quale lavorava, che lo ha lasciato solo dopo che gli è stata tolta la possibilità di lavorare, “col risultato che, da ormai un anno e mezzo, tiro avanti con l’assegno di disoccupazione“. Ma Massimo Zen è deluso anche dalla politica, visto che alcuni esponenti gli avevano espresso solidarietà, ma poi non si sono fatti più sentire.
“HO SPARATO PER NON FARMI AMMAZZARE, MA ORA FINISCO IO IN CARCERE”
L’ex guardia giurata non ci sta a passare per quello che ha ucciso un ladro dopo aver sparato senza un motivo valido, come invece emerso dalle sentenze. Secondo la sua ricostruzione, quella notte, in cui Massimo Zen era di servizio per controllare delle aziende, dopo essersi fermato a parlare con dei carabinieri, arrivò l’allarme riguardo un assalto ad un bancomat. Dalla centrale operativa gli segnalarono che anche una filiale loro cliente era stata presa di mira. I militari si recarono sul posto, mentre lui continuò il suo giro. Al quarto assalto, scattò l’inseguimento dei carabinieri. “Io mi trovo a Vedelago quando, all’improvviso, me li vedo spuntare davanti e metto l’auto di traverso sulla strada, per bloccarne la fuga“, racconta al Corriere. C’era quasi riuscito, infatti uscì dal veicolo e si posizionò di lato.
“Vedo la vettura dei rapinatori venire dritta verso di me e mi convinco che vogliano investirmi: tempo dopo, uno dei due nomadi sopravvissuti ammise che se avessero voluto mi avrebbero abbattuto ‘come un birillo’. Ho avuto anche la percezione che esplodessero un colpo di pistola“. Quell’arma non fu mai trovata, quindi è la sua parola contro la loro. “Ad ogni modo, per non farmi ammazzare, premo il grilletto due volte: il primo proiettile finisce nel cofano, l’altro attraversa il parabrezza e uccide l’uomo alla guida“. Se in passato dichiarò che rifarebbe tutto, ora Massimo Zen non ne è più convinto, ma non perché ritiene di aver sbagliato: “Considerando le leggi che ci sono in Italia oggi mi girerei dall’altra parte. È triste da dire, perché una guardia giurata ha il dovere di aiutare le forze dell’ordine. Ma, visto che sto aspettando che da un momento all’altro mi portino in galera, credo possiate capirmi se dico che non ne vale la pena“.