C’è anche Mata Maxime Esuite Mbandà, rugbista della nazionale, tra i nuovi cavalieri del lavoro nominati dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 3 giugno scorso. Curiosamente, Maxime (questo il nome con cui è meglio conosciuto), non è stato premiato in qualità di sportivo, bensì di “infermiere”, dal momento che – durante l’emergenza Covid-19 – ha prestato servizio sulle ambulanze con la Croce Gialla di Parma. Insieme a lui, tante altre persone che hanno lottato da vicino contro il coronavirus, tra medici, scienziati e anche lavoratori “comuni” che si sono sacrificati per garantire continuità alle varie filiere. Mbandà rientra nella categoria dei volontari, dal momento che ha prestato un servizio non dovuto e assolutamente gratuito alla comunità parmense che per questo gli è riconoscente.
Le offese razziste a Mata Maxime Esuite Mbandà
Non tutti, però, sembrerebbero pronti ad ammettere che Mata Maxime Esuite Mbandà abbia fatto grandemente bene alla società. Solo qualche mese fa, difatti, Maxime denunciava di essere ancora vittima di pesanti offese razziste: “Sentirsi dire, da cittadino italiano e mulatto quale sono, ‘va’ negro di *****, tornatene al tuo paese’, mi ha letteralmente ferito, deluso, danneggiato moralmente e mi ha fatto riflettere tutta la notte”. Ne parlava così in un’intervista a Fanpage.it; questa sera, invece, Mbandà sarà ospite della nuova puntata di Aspettando le parole, in onda come sempre su Rai3 a partire dalle 20.30.
Mata Maxime Esuite Mbandà racconta l’esperienza a bordo delle ambulanze
Mata Maxime Esuite Mbandà ha compiuto 27 anni il 10 aprile, nel pieno dell’emergenza coronavirus. Padre congolese, madre di Benevento, Maxime è nato a Roma e cresciuto a Milano. Per due mesi è stato volontario dell’Associazione Seirs Croce Gialla di Parma, prestando servizio in particolare sulle ambulanze. Lui, nella vita, fa il rugbista, gioca con le Zebre e soprattutto nella Nazionale italiana, con cui ha preso parte ai Mondiali nel 2019. Allora, mai avrebbe detto che di lì a pochi mesi si sarebbe ritrovato a fare tutt’altro; il racconto della sua esperienza, affidato al suo profilo Instagram, è crudo e drammatico. Lo riportiamo di seguito: “Durante il periodo più intenso ho pianto la sera sfogandomi per quello che vedevo durante il giorno ed a cui non ero abituato, non riuscivo a prendere sonno la notte nonostante fossi distrutto e mi sono ritrovato anche a svegliarmi alle 3 del mattino tutto bagnato per poi scoprire che mi ero fatto la pipì addosso. Quella tuta è stata così tanto la mia seconda pelle in questi due mesi che una volta dopo ore di servizio (e per fortuna avevo finito l’ultimo trasporto della giornata) non sono riuscito a trattenermi e me la sono fatta sotto, di nuovo. Pensavo di avere problemi, stavo vivendo una seconda infanzia in pratica, ma semplicemente non stavo rispettando il mio corpo”.