Per accompagnare la duplice transizione verde e digitale, il fabbisogno di materie critiche strategiche triplicherà entro il 2030 secondo lo scenario dell’Agenzia internazionale per l’energia. Il tema è all’ordine del giorno anche in Italia. All’inizio del mese è diventata legge il Decreto materie prime che accoglie il regolamento UE Critial Raw Materials Act sull’approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime critiche e strategiche, pilastro essenziale per il raggiungimento degli obiettivi climatici al 2030 con il vincolo dell’import per singolo Paese inferiore al 65%.



Se il decreto prevede il rilancio delle miniere italiane con procedure semplificate per gli iter autorizzativi, non bisogna dimenticare che oltre all’attività di ricerca ed estrattiva, la fase di raffinazione dei materiali estratti è altrettanto strategica per ottenere dei metalli e prodotti chimici da immettere sul mercato delle batterie, celle solari, pale eoliche e chip. È questo un passaggio fondamentale della supply chain – molto energivoro – delle materie critiche dove ancora una volta l’Italia e l’Europa sono dipendenti della capacità infrastrutturale industriale cinese, leader anche in questo settore.



Per cogliere l’ampiezza della leva di comando che la Cina detiene nel determinare i prezzi sul mercato globale dei metalli critici bastano un paio di esempi. Del rame, dove si concentra il maggior aumento del fabbisogno in termini di volumi, la Cina possiede appena il 3% delle risorse primarie, ma ne lavora la metà a livello mondiale, mentre detiene il totale controllo della lavorazione delle graffite. L’Europa, invece, contribuisce con meno del 4% alla produzione globale di nichel, ma ne assorbe quasi i due quinti.

Le materie prime critiche sono fondamentali per l’elettrificazione dei consumi e la penetrazione delle rinnovabili, ma rappresentano anche il lato imbarazzante della narrazione ambientalista. Le miniere sono percepite come attività poco green e la raffinazione è un processo energivoro, ad alta intensità di capitale e di emissioni, ignorate dalla finanza ESG e dimenticate dalla tassonomia Ue.



Nell’ottica di contribuire a creare una filiera impiantistica e dare un impulso a un settore strategico per i prossimi decenni, è stato lanciato un hub nazionale per il recupero di materie prime critiche e metalli preziosi che aggrega competenze di imprese, accademia e istituzioni sotto il patrocinio di Enea. RigeneRare.eu, l’iniziativa promossa su impulso del Gruppo Iren, nasce all’insegna del riciclo e dell’economia circolare. Tra le attività in programma, un portale di raccolta e organizzazione di dati sulle materie prime critiche e terre rare finalizzati a favorire l’incontro tra la domanda degli operatori dell’industria del recupero e le industrie utilizzatrici di materie prime.

Non basta individuare le potenzialità estrattive sul territorio di nichel, cobalto, piombo e zinco, per citare alcuni dei metalli presenti, per assicurarsi una qualche valenza strategica, se non si riconosce anche che parte del trattamento del minerale debba essere realizzato in Italia, o con la partecipazione di campioni nazionali. Altrimenti una dipendenza tira l’altra.

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