L’INPS ha reso noto che dal 29 settembre con la circolare 106/22 sono in vigore le nuove indicazioni in materia di certificazione sanitaria per la flessibilità in caso di maternità.
Precedentemente infatti era in vigore un’altra normativa, ma dal 29 settembre tutti coloro che decidono di usufruire della maternità dovranno tenere conto di nuove regole. Vediamo insieme quali.
Maternità: esigenze delle lavoratrici recepite dalla Cassazione
Fino a poco tempo fa l’INPS richiedeva la presentazione della documentazione sanitaria redatta da un medico del servizio sanitario Nazionale oppure convenzionato entro il settimo mese di gravidanza in cui si è specificasse lo stato di attesa e l’impossibilità di continuare a svolgere l’attività lavorativa.
La Corte di Cassazione della sezione lavoro con la sentenza 10.180/2013 aveva confermato questa impostazione affermando però che nel caso “il certificato venga presentato oltre il settimo mese e la lavoratrice abbia continuato a lavorare, il datore di lavoro, salve le sue eventuali responsabilità di natura penale, dovrà corrisponderle la retribuzione e quindi l’INPS non corrisponderà la indennità di maternità per l’ottavo mese di gravidanza. Se la certificazione viene nelle more acquisita, la lavoratrice che aveva continuato a lavorare nell’ottavo mese usufruirà dell’astensione fino al quarto mese successivo alla nascita, percependo dall’INPS la relativa indennità. Il periodo complessivo di cinque mesi non è disponibile. La mancata presentazione preventiva delle certificazioni comporta che il lavoro nell’ottavo mese è in violazione del divieto di legge con le conseguenze previste nel testo unico, ma non comporta conseguenze sulla misura della indennità di maternità”.
Questa sentenza chiarisce che gli aspetti burocratici non devono incidere sull’indennità di maternità ma soltanto sulle responsabilità del dottore di lavoro.
Maternità: la nuova normatiava
Successivamente la legge 145/2018 ha dato la facoltà alle lavoratrici di astenersi dal lavoro e anche dopo il parto ed entro i 5 mesi successivi. Questo serviva a placare i ricorsi amministrativi delle lavoratrici e garantire un’applicazione delle norme che tenesse conto anche delle esigenze delle stesse. Per questo motivo l’INPS ha precisato che:
- l’assenza o l’acquisizione non conforme al dettato normativo delle certificazioni sanitari non comporta conseguenze sulla misura dell’indennità di maternità, quindi
- la documentazione sanitaria di cui agli articoli 16, comma 1.1, e 20 del decreto legislativo n. 151/2001, non deve più essere prodotta all’Istituto, ma solamente ai propri datori di lavoro/committenti.
Le indicazioni si applicano a :
- tutte le lavoratrici dipendenti da datori di lavoro del settore privato,
- alle lavoratrici iscritte alla Gestione separata,
- che vogliano astenersi dall’attività lavorativa avvalendosi della flessibilità del congedo di maternità oppure interamente dopo il parto.