Alla dialettica Forza Italia-Lega siamo ormai abituati fin dall’inizio della legislatura, per cui nessuno si è stupito davanti al dissenso con cui FI in Commissione Giustizia ha affrontato un emendamento proposto dalla Lega. Si sostiene che al Senato il centrodestra si è spaccato sul disegno di legge contro la maternità surrogata. Questo non è vero, dal momento che l’intero centrodestra ha votato in modo compatto contro la maternità surrogata, ma ha evidenziato qualche distinguo al suo interno sull’unico punto in discussione: inasprire o no le pene previste dalla legge Varchi.
Dire che il centrodestra si è spaccato sul disegno di legge contro la maternità surrogata è una fake news che si può far girare sicuri di centrare il consenso dell’opposizione, che non a caso ha votato contro l’intera legge e non solo contro l’emendamento con cui la Lega chiedeva un inasprimento delle pene (la reclusione fino a 10 anni e la multa fino a 2 milioni). Ovvio il parere contrario espresso dal relatore e dal governo, dal momento che trattandosi di un ddl già approvato in un ramo del Parlamento (in questo caso, alla Camera), l’unico modo per accelerarne i tempi di approvazione è non modificarlo durante l’esame nell’altro ramo del Parlamento (al Senato). Ormai è diventata prassi accordarsi prima per arrivare in dirittura d’arrivo nel modo più sicuro ed efficace. Altrimenti il ddl deve tornare nella prima sede parlamentare in cui è stato discusso e approvato e affrontare una nuova discussione prima di essere nuovamente sottoposto al voto. Un iter lungo e complesso che i padri costituenti avevano ben presente quando vollero che l’Italia fosse una Repubblica parlamentare; utile, essenziale, quando si tratta di disegni di legge ad alta complessità, ma che nel tempo si è rivelato troppo lungo per affrontare problemi che meritano una decisione veloce ed efficace.
Approvarlo senza modificarlo è il modo più veloce per mettere in sicurezza un ddl su cui la maggioranza ha le idee chiare. Ma allora, ci si potrebbe chiedere, perché la Lega ha ripresentato il suo emendamento, già bocciato alla Camera in sede di discussione, se sapeva perfettamente tre cose: a) essendoci pieno accordo sul valore e significato della legge, la bocciatura era assicurata; b) proprio il desiderio di mettere un punto fermo su di uno dei temi più controversi della legislatura, faceva propendere per una velocizzazione dei processi in corso; c) ultimo, ma non ultimo, il vero punto essenziale era quello di sottolineare a beneficio di tutta l’opinione pubblica, e non solo del proprio elettorato, che l’utero in affitto è un reato, prima ancora di essere una prassi che fa violenza ad ogni madre e ad ogni figlio. Offende infatti la madre genetica, che vende i suoi ovuli; la madre gestazionale, che per nove mesi porta nel suo seno il bambino di un’altra donna, sapendo che al termine della gestazione lo abbandonerà; e infine offende tutte le diverse madri sociali, che si altereranno nella sua cura, da chi lo allatterà a chi lo accudirà nei primi mesi di vita o comunque lo accompagnerà per il resto della sua vita.
La vera violenza al bambino infatti comincia quando si rende conto che sarà immediatamente privato del più prezioso dei legami che la natura abbia inventato, quello della diade madre-figlio. Ciò nonostante, l’Europa sembra solidale con la maternità surrogata, e si trincera nella falsa difesa di un diritto che non esiste, il diritto al figlio, mentre priva il figlio di uno dei suoi diritti fondamentali: il diritto ad avere una famiglia. Papa Francesco, ogni volta che è intervenuto dall’alto della sua paternità universale, lo ha fatto in un modo che pare solidale con l’attuale governo, condannando la maternità surrogata.
Evidente quindi il pensiero della Lega nel momento stesso in cui si prestava ad una ennesima bocciatura di un suo emendamento: sottolineare con l’inasprimento delle pene la gravità del fatto. E provocare nel dibattito pubblico una reazione concreta di condanna che evitasse di far passare l’approvazione di una legge come questa nell’anonimato estivo delle leggi approvate e accantonate. L’utero in affitto alimenta un osceno mercato internazionale di bambini, paragonabile alla tratta di esseri umani a fini di schiavitù o prostituzione. Proporre di aumentare le pene in un momento in cui sembra aumentare il margine di diffusione era un’iniziativa coraggiosa. Tuttavia il modo migliore per affrontare queste sfide resta probabilmente quello della formazione, per far capire perché si tratta di un reato odioso in cui la compravendita di bambini li riduce ad oggetti di desiderio (e per ciò stesso a possibili oggetti di scarto, nel momento in cui risultino insoddisfacenti).
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