Gran parte dei quotidiani hanno così sintetizzato il pensiero del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, alle celebrazioni del 25 aprile: no a scambi libertà-sicurezza. A prima vista non si può che concordare con l’ammonimento, a prescindere dal motivo, tutto politico, per il quale è stato riportato con grande evidenza.



Se ci liberiamo, però, dal condizionamento della polemica che ogni anno accompagna la festa della Liberazione – anche per i numerosi equivoci non risolti che si porta dietro –, ci accorgiamo che nella semplificazione che le frasi a effetto inevitabilmente contengono qualcosa non quadra.

Non quadra, in particolare, la contrapposizione tra i due termini e i relativi concetti di sicurezza e libertà. Libertà e sicurezza non sono antitetiche. Al contrario, una piena libertà non può che esprimersi in un contesto di sicurezza. Se dobbiamo tendere verso qualcosa, è proprio la libertà nella sicurezza.



Per usare un’espressione forse abusata possiamo dire che si tratta di due facce della stessa medaglia. Le due cose si tengono insieme e si rafforzano a vicenda, ciascuna esaltando le potenzialità dell’altra, consentendo che possa manifestare al meglio le proprie caratteristiche peculiari.

Insomma, sicurezza e libertà sono una coppia di fatto e di ferro dal cui connubio non si può prescindere, se vogliamo vivere in una comunità che metta chi merita, s’impegna e rispetta le leggi nelle condizioni di poter investire sul futuro senza timori d’interferenze, aggressioni, prevaricazioni.



Dov’è, allora, l’inganno che ci può condurre a considerare libertà e sicurezza come stati antitetici e alternativi? La debolezza sta nell’idea che ci stiamo facendo della democrazia e della sua capacità di garantire un’ordinata ed efficiente organizzazione della vita collettiva e di ciascuno.

L’esperienza di tutti i giorni e il confronto con altre realtà con le quali sempre più spesso veniamo in contatto per ragioni politiche ed economiche ci sta facendo rendere conto della fragilità delle nostre istituzioni e, in particolare, del nostro sistema decisionale, che appare sempre più inceppato.

La sicurezza, in questa cornice di pensiero, non può essere figlia di un gioco democratico all’interno del quale, come oggi accade, tutti discettano su tutto litigando e concludendo poco o nulla. Per assicurarla, la sicurezza, occorre necessariamente una svolta autoritaria. Qualcuno che decida per gli altri.

Dunque, chi vuole più sicurezza – secondo questa deriva – deve necessariamente rinunciare a dosi sempre più grandi di libertà. La democrazia, come noi la conosciamo, non dà più certezze di buon funzionamento della società. I suoi riti e le sue lungaggini diventano nient’altro che intralci.

Dunque, una domanda ce la dobbiamo porre. Visto che tutti teniamo alla nostra libertà come al bene più prezioso che abbiamo, come possiamo fare per conservarla a lungo e nel modo più integro senza indulgere al caos e all’inconcludenza che aprono le porte all’incertezza e all’insicurezza?

Insomma, per salvare la nostra libertà dobbiamo prima di tutto far coincidere sicurezza e democrazia.