A volte per capire l’aria che tira in politica basta compulsare l’agenda degli impegni dei leader. E questa settimana segna una serie di incroci che mostrano come per i prossimi mesi saranno soprattutto i temi internazionali a dominare la scena.
Andiamo con ordine: la premier Meloni sarà a inizio settimana a Tunisi, dove il tema del freno alle partenze di disperati dalle sponde africane si intreccia con la crisi in cui il Paese più vicino alla Sicilia si sta aggrovigliando, e dove le forzature del presidente Saied – finalizzate soprattutto ad arginare Ennahda –, ritenute liberticide dagli Usa, impediscono al Fmi di intervenire a sostegno di una nazione in profonda crisi economica. Per l’Italia trovare la quadratura del cerchio è essenziale, sarà un serio banco di prova. Giovedì poi arriverà a Roma il cancelliere tedesco Scholz, che vedrà sia il presidente del Consiglio, sia quello della Repubblica, con il non trascurabile dettaglio che il giorno prima Mattarella si sarà incontrato a Parigi con il suo omologo francese Macron.
Sono i segni che la partita decisiva per il nostro Paese (e per il suo governo) nel prossimo futuro si giocherà in Europa. Il primo round sarà quello del Pnrr, della revisione del piano che la Meloni deve assolutamente strappare, visto i (prevedibili) ritardi nella messa a terra degli investimenti che si stanno accumulando. Il secondo round sarà la rinegoziazione del Patto di stabilità e crescita, sospeso in tempo di pandemia, che dovrebbe tornare in vigore dal prossimo anno, magari revisionato. L’Italia vorrebbe regole meno stringenti per la riduzione del debito, ma ha bisogno di alleati. Quello naturale sarebbe la Francia, visto il forte aumento del debito pubblico transalpino negli ultimi anni di crisi. Peccato che fra la premier italiana e Macron la scintilla non sia mai scattata. Dopo sette mesi di governo la visita a Parigi non c’è ancora stata, ed ecco che il viaggio lo compie Mattarella, sempre più impegnato nel ruolo di pontiere. Formalmente la motivazione è la più marginale di tutte, l’inaugurazione di una mostra di capolavori prestati al Louvre dal museo napoletano di Capodimonte. La ciccia è tutta politica.
Sbaglia però chi immagina Mattarella acriticamente schierato dalla parte di Macron: il silenzio del Quirinale dopo le ultime improvvide uscite dei ministri francesi suonano come una condanna di una politica (quella transalpina) dove si attacca la Meloni per ragioni di politica interna (contrastare Marine Le Pen), incuranti degli effetti sulle relazioni internazionali. In altre occasioni, quando gli scivoloni sono avvenuti da parte italiana (Di Maio e i gilet jaunes), Mattarella era stato attivissimo nella ricucitura. Ora l’onere della prima mossa spetta ai francesi, anche perché da parte italiana non si è voluto rinfocolare le polemiche, a costo di mordersi la lingua.
Nelle relazioni fra gli Stati europei tutto, da oggi al 9 giugno del prossimo anno, dovrà essere letto in chiave elettorale: la campagna per il rinnovo dell’Europarlamento è ormai in pieno svolgimento. E il fantasma che si aggira per l’Europa è il piano che ha in testa la Meloni: ribaltare i rapporti di forza, rompendo lo storico asse Ppe-socialisti e costruire una coalizione fra i popolari e i suoi conservatori, allargata ai liberali, con il Pse fuori dalla stanza dei bottoni. La novità delle ultime ore è che anche Berlusconi ha sposato questa causa, che passa per un’affermazione alle elezioni spagnole di luglio del Partido Popular, con il sostegno della destra di Vox. Uno scenario che costringe Salvini a far sapere che non è all’ordine del giorno la prospettiva di un’adesione della Lega al Ppe: del resto nel primo partito europeo, dopo decenni di gestione consociativa delle istituzioni europee con il Pse, non tutti fanno i salti di gioia all’idea dell’abbraccio con i conservatori, che governano Italia, Polonia e Repubblica Ceca. Per capirci: la presidente dell’Europarlamento Metsola favorevole, come il presidente del Ppe Weber, la numero uno della commissione von der Leyen no.
Nel mezzo c’è la Germania di Scholz, che forse sarà il vero ago della bilancia. In ogni caso, la chiave di lettura della politica continentale dei prossimi dodici mesi sarà quella elettorale. Una lunghissima e snervante campagna elettorale continentale.
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