Sbagliato il lockdown nazionale di due mesi e mezzo, e non mancano critiche al Cts: Matteo Bassetti a tutto tondo nella lunga intervista rilasciata a Di Martedì. L’esperto ha esordito parlando del sistema di monitoraggio: «I dati ci sono e quindi in qualche modo a questi dobbiamo credere, è evidente che c’è un ritardo di 1-2 settimane: noi andiamo a calcolare quegli indici in ritardo. Questo algoritmo è stato messo a punto da persone esperte in queste cose, io faccio il medico e credo che questo sia un buon sistema». L’infettivologo ha però messo in risalto: «L’importante è che questo funzioni in entrata come in uscita: quando arrivi a essere rosso, arancione o giallo, se i numeri migliorano bisogna fare sì che questo sistema ci riporti indietro, altrimenti chi arriva in area rossa non torna indietro. È importante che il sistema sia dinamico, altrimenti commettiamo l’errore fatto a marzo, dove siamo stati chiusi per quasi due mesi e mezzo». Su quest’ultimo punto ha aggiunto: «Il sistema deve funzionare in entrata come in uscita. Forse per alcune regioni si poteva tornare indietro prima, abbiamo fatto un lockdown nazionale dove avevamo differenze molto importanti tra cinque regioni e il resto dell’Italia».
MATTEO BASSETTI SU CTS E VACCINI
Dopo aver espresso un giudizio fortemente critico negli scorsi giorni, Matteo Bassetti è tornato sulla composizione del Cts: «Io dico una cosa, ci sono persone validissime, ma c’è un problema di fondo: questa è una malattia infettiva che dà problemi immunologici, ma nel Cts non siede un professore un universitario di malattie infettive, un professore di microbiologia, un professore di virologia, un professore immunologia… Se il Cts deve esprimere le migliori teste della scienza italiana in questi quattro ambiti, mi sembra che non ce ne sia nemmeno uno». Infine, Matteo Bassetti si è soffermato sul vaccino Covid, esprimendo qualche perplessità sulla gestione: «Il problema è che siamo già in ritardo: per fare 120 milioni di vaccini in sei mesi bisogna prepararsi. Bisogna appoggiarsi all’esercito, alle farmacie, alle associazioni di volontariato che fanno le donazioni di sangue. Questo deve essere detto chiaramente: se pensiamo di vaccinare tutta questa gente nei Dipartimenti di prevenzione ci mettiamo cinque anni a vaccinare tutti».