Matteo Botrugno e Daniele Coluccini sono intervenuti in qualità di ospiti a “Oggi è un altro giorno”, su Rai Uno. I due registi hanno girato un film denominato “C’è un soffio di vita soltanto”, nel quale hanno illustrato la vita della donna transessuale più anziana del mondo. Coluccini ha asserito: “Una sera mi imbattei casualmente in un’intervista di Lucy Salani su YouTube, che raccontava la sua storia a Dachau. La proposi a Matteo e ci piacque molto. Andammo a incontrarla a casa sua a Bologna e capimmo che c’era un mondo attorno alla sua vita, che doveva essere raccontato. Si tratta di un qualcosa che va narrato, in quanto riguarda tutti noi”.
Nel prosieguo della sua esistenza, “Lucy ha avuto tanti amanti, ha iniziato a lavorare come tappezziera, ha viaggiato fino a novant’anni, guida ancora adesso la macchina e guida molto meglio di tante altre persone con cui siamo stati in macchina”. (aggiornamento di Alessandro Nidi)
Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, chi sono i due registi
Matteo Botrugno e Daniele Coluccini sono i registi del film “C’è un soffio di vita soltanto”, che uscirà nei cinema il 10 gennaio 2022. Entrambi romani classe 1981, si sono laureati nel 2005 in Storia e critica del Cinema, portando sempre avanti i loro studi musicali. Tra il 2007 e il 2008 dirigono una trilogia di cortometraggi “Chrysalis”, “EUROPA” e “Sisifo”, vincitore del Mexico International Film Festival. Nel 2009 dirigono “Et in terra pax”, il loro lungometraggio d’esordio che debutta nel 2010 al Festival Internazionale del Cinema di Venezia – Giornate degli Autori. Nel 2017 dirigono il film “Il contagio”, tratto dall’omonimo libro di Walter Siti, che riceve due candidature ai Nastri d’Argento per Vinicio Marchioni e Anna Foglietta come miglior attore e miglior attrice non protagonisti.
L’ultimo film di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini
L’ultimo lavoro dei registi Matteo Botrugno e Daniele Coluccini è il documentario “C’è un soffio di vita soltanto” che racconta la storia di Lucy Salani, la donna transessuale più anziana d’Italia e tra le pochissime sopravvissute al campo di concentramento di Dachau ancora in vita. Intervistati da Sentieri Selvaggi, i due registi hanno spiegato come sono entrati in contatto con Lucy: “A fine 2019, mentre scorrevo Facebook ho visto una sua intervista dove parlava della sua deportazione a Dachau. Siamo partiti con l’idea di fare un documentario classico, ma abbiamo capito che per far vivere davvero la storia di Lucy al pubblico, dovevamo fare in un altro modo. Le cose che le sono successe non le ha raccontate ad una telecamera, ma alle persone a cui vuole bene. Noi abbiamo cercato di renderci invisibili in questi suoi rapporti quotidiani tanto da fare in modo che la storia si narrasse da sé”, ha detto Coluccini.