Un duro colpo, l’ennesimo, inferto alla rete di contatti di Matteo Messina Denaro, il superlatitante di mafia datosi alla macchia nel lontano 1993. In manette sono finiti due fedelissimi del boss di Castelvetrano: si tratta di Giuseppe Calcagno, 46 anni, già al servizio dell’anziano capomafia di Mazara Vito Gondola, e Marco Manzo. Nell’operazione condotta dalla squadra mobile di Trapani diretta da Fabrizio Mustaro sono scattate anche 15 perquisizioni, compresa quella che ha riguardato la casa della madre di Matteo Messina Denaro, nel centro di Castelvetrano. Come riportato da La Repubblica, nell’abitazione dell’anziana, in salotto, è stato rinvenuto anche un ‘immagine del padrino stile Andy Warhol, con una corona in testa. Nell’inchiesta, coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Paolo Guido, Messina Denaro è indagato per estorsione: su sua imbeccata, infatti, la famiglia mafiosa avrebbe agito per convincere i proprietari di un terreno a vendere.
MATTEO MESSINA DENARO, ARRESTATI DUE FEDELISSIMI
I pizzini di Matteo Messina Denaro, secondo quanto emerso dalle indagini, arrivavano fin nelle campagne fra Mazara del Vallo e Salemi. Il boss Vito Gondola, morto tre anni fa, era di fatto il custode delle comunicazioni di Messina Denaro. I suoi messaggi venivano nascosti sotto un masso, in campagna e gli allevatori del posto in dialetto stretto usavano un codice per sapere se dal capomafia erano arrivate o meno delle direttive: “La ricotta è pronta?”, chiedeva uno di loro. Le regole imposte da Messina Denaro erano rigidissime: i pizzini dovevano essere distrutti subito e le risposte recapitate nello spazio di 15 giorni. L’ultima tranche dell’indagine, coordinata dai sostituti Gianluca De Leo e Giovanni Antoci, ricostruisce le mosse di Calcagno e Manzo: come scrive Repubblica, il primo si occupava della rete di comunicazione del latitante, il secondo dei collegamenti con gli altri mandamenti. Mustaro, della squadra mobile di Trapani, ha commentato: “L’indagine è un altro duro colpo agli assetti mafiosi nel territorio del latitante Matteo Messina Denaro. Il lavoro investigativo ha disvelato che i 15 indagati e gli arrestati si sono adoperati per garantirne gli interessi economici, il controllo del territorio e delle attività produttive per aver favorito, in passato, la trasmissione dei pizzini del latitante”