Nelle scorse ore sono emerse le dichiarazioni del super latitante Matteo Messina Denaro, rilasciante durante il primo inedito interrogatorio depositato dalla procura di Palermo e risalente allo scorso 21 febbraio. Come si legge sul Corriere della Sera, il boss avrebbe mantenuto la “tradizione” mafiosa di eludere le questioni a lui postegli, con delle risposte che sembrerebbero avere poco a che fare con la realtà: «Ero un agricoltore, lavoravo in campagna. Sono di Castelvetrano, ma una residenza non ce l’ho più da tempo perché il Comune tanti anni fa mi ha cancellato. Io ormai sono un apolide…Non faccio parte di nessuna associazione. Quel che so di Cosa nostra lo so dai giornali». Il gip Algredo Montalto chiede a Matteo Messina Denaro se ha dei soprannomi e lui replica: «Mai avuti. Me li hanno attaccati da latitante i vari giornalisti, ma io nella mia famiglia non ho avuto soprannomi».



Sulle sue condizioni economiche invece: «Non mi manca nulla. Beni patrimoniali? Li avevo, me li avete tolti tutti e se comunque qualcosa ho, no lo dico. Sarebbe stupido. Certo che ne ho sennò come potevo vivere fino a ora». Sulle condanne riportate invece risponde «Credo di sì», ma quando poi il magistrato cerca di insistere Matteo Messina Denaro ribatte: «Mi ascolti, io ho detto credo di proposito perché anche voi dall’altra parte mi avete chiesto se ho sentenze definitive lo sapete pure voi e allora l’ho preso con un po’ di umorismo».



MATTEO MESSINA DENARO, PRIMO INTERROGATORIO: IL CASO DI ESTORSIONE

L’interrogatorio ha riguardato in particolare il caso di una estorsione ai danni di una donna, e Matteo Messina Denaro la descrive così: «Negli ultimi anni vengo a sapere che lei (la figlia di Passanante, ndr) stava vendendo il terreno. […] volevo dire alla Passanante che il terreno non è suo, che è mio, perché lo comprò mio padre. E allora che cosa ho fatto, l’ho contattata, con una lettera, e gliel’ho firmata, non ho detto pseudonimi, firmato con Matteo Messina Denaro, perché io credevo di essere nella ragione dei fatti».



Parte dell’interrogatorio, sottolinea il Corriere della Sera, viene omessa e riguarda i rapporti con i boss corleonesi che Matteo Messina Denaro nega di avere mai visto: «non ha mai incontrato», riferendosi al collaboratore di giustizia Giovanni Brusca.