Sono passati 31 anni da quel 3 maggio 1992 in cui Matteo Toffanin, per circostanze a lungo ignote, venne crivellato di proiettili assieme alla sua ragazza, Cristina Marcadella. 31 anni che sono pari eterni per la donna, recentemente intervistata da Repubblica, che si salvò per una purissima casualità. Ma anche 31 anni in cui, alla fine, finalmente sembra una svolta sia arrivata su quell’omicidio che a lungo ha fatto discutere la comunità di Padova, sconvolta per una morte che non si riusciva a spiegare.



Sembra, infatti, che la Procura di Padova abbia deciso di riaprire il cold case sulla morte di Matteo Toffanin, in seguito a “novità emerse di recente” che avrebbero motivato una “rilettura degli atti”. In merito al caso, inoltre, sarebbero già stati iscritti due nuovi nomi nel registro degli indagati, ovviamente sottoposti a segreto d’ufficio, ma che riferirebbero a due ex volti noti della Mala del Brenta. Matteo Toffanin, infatti, quella notte non doveva morire, ma si sarebbe trattato di uno scambio di persona, dovuto a diverse casualità. L’obiettivo era l’ex della Mala del Brenta Marino Bonaldo, che abitava lì, guidava la stessa macchina del ragazzo e, quella sera, era in ritardo dopo una serata fuori con la sua fidanzata.



Cosa è successo a Matteo Toffanin

La notte del 3 maggio 1992 Matteo Toffanin e la sua ragazza, Cristina Marcadella, stavano tornado a casa dopo una giornata a Jesolo, la sera tardi. Parcheggiarono la Mercedes 190 bianca che lo zio aveva prestato al giovane sotto casa della ragazza, in via Tassoni 4, nel quartiere Guizza di Padova. I giovani non fecero neppure in tempo a rendersi conto di cosa stesse per succedere, quando un gruppo di uomini li accerchiò e ricoprì, letteralmente, la macchina di proiettili, il ragazzo morì sul colpo.

La notte in cui Matteo Toffanin fu ricoperto di proiettili è ancora lucidamente impressa nella mente di Cristina, che parlando con Repubblica ha deciso di raccontarla. “Mi girai per prendere la borsa sul sedile posteriore e improvvisamente iniziò il finimondo. Ricordo il rumore degli spari. Ho avuto la fortuna di essere colpita subito alle gambe, il dolore mi fece piegare in avanti e così rimasi. Per questo mi sono salvata. Matteo, invece, restò chino sul volante dell’auto, immobile. Sono sopravvissuta a metà“, racconta Cristina sulla notte in cui Matteo Toffanin è morto. “Per più di 20 anni ho vissuto sospesa e non ho più voluto una relazione con un uomo. Non volevo nessuno vicino. Ancora oggi, ricordando quella notte, mi ritrovo a piangere. Eravamo fidanzati da sei anni, ci stavamo costruendo il futuro“.