Mattia Santori, leader del movimento delle Sardine, è intervenuto in queste ore sulle colonne del quotidiano “La Repubblica” per spiegare la posizione del gruppo in merito al referendum in programma il 20 e 21 settembre 2020. “Questo referendum sul taglio dei parlamentari, associato all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, porta a un sistema oligarchico. È in gioco la qualità della nostra democrazia, per questo ci siamo schierati per il No“. Il perché di questa scelta netta è presto spiegato: “La diminuzione del numero di parlamentari senza le garanzie che erano state promesse e senza aver messo mano alla legge elettorale è un errore. Non è vero che riduci i tempi della discussione, le commissioni rimangono le stesse. E poi così si mortifica la rappresentanza: arriveremmo a un eletto ogni 150mila abitanti e poi ci lamentiamo che la politica è distante. Secondo voi a Bologna tra Casini e una giovane attivista per i diritti civili chi passerà? Non si manderà a casa chi sta lì da 20 anni, come ci raccontano”.
MATTIA SANTORI: “STIAMO DALLA PARTE DEL POPOLO”
Nell’ambito delle dichiarazioni rilasciate a “La Repubblica”, Mattia Santori ha poi illustrato cosa significhi esattamente la risposta che le Sardine danno alla domanda “Da che parte state?”: “Noi diciamo sempre che stiamo dalla parte delle persone. Siamo dove la politica torna a parlare ai cittadini. Sono molto deluso dal tour che abbiamo fatto delle regioni dove si vota, la distanza della politica dalla gente è abissale, continuiamo ad assistere a giochi di palazzo. Si capisce perché si arriverà al 50% dell’affluenza, se va bene. Le Sardine sono disilluse. Ma continueremo a lavorare per favorire un processo di ricostituzione della politica”. C’è una cosa che, però, il giovane Santori si rimprovera e per la quale non riesce a darsi pace: “Il vero errore è stato non aver mantenuto il controllo del movimento dopo il 26 gennaio, alla vittoria elettorale di Bonaccini in Emilia-Romagna. Abbiamo dato spazio a gente che voleva cavalcare l’onda, usarci, non siamo riusciti a mettere dei paletti. Ora siamo ripartiti. Poi facciamo tanti sbagli, ma il diritto all’errore delle nuove generazioni va rivendicato. La politica è vecchia perché non si concede ai giovani di sbagliare”.