Mattia Sorbi, il giornalista italiano ferito in Ucraina
Il giornalista freelance italiano Mattia Sorbi è stato coinvolto il 31 agosto nell’esplosione di una mina mentre era in Ucraina in viaggio verso Olksandrivka, nel Donetsk. Attorno alla vicenda si è ovviamente creato un notevole clamore mediatico, soprattutto in seguito alle accuse mosse da Mosca nei confronti dell’Ucraina, colpevole di aver piazzato volontariamente la mina. Mattia Sorbi è sopravvissuto alla mina e nella giornata di ieri è riuscito a rientrare in Italia dopo che i russi l’hanno soccorso ed operato.
Ora, dall’ospedale Niguarda di Milano Mattia Sorbi fa sapere di stare bene e di avere molto da raccontare sulla sua vicenda. Il racconto lo fa a Repubblica, “avevo 15 schegge tra gamba sinistra, addome e intestino”, dice, “me le hanno tolte i medici ucraini con un’operazione di 11 ore nell’ospedale controllato dai russi a Kherson”. Attualmente a Mattia Sorbi sono rimaste alcune micro schegge, “ma il corpo può sopportarle”, tuttavia, “ho un nervo danneggiato al piede sinistro, dicono si può ripristinare”. Insomma, nonostante l’incidente sia stato piuttosto brutto, costando la vita anche all’autista del mezzo su cui viaggiava Sorbi, lui sembra esserne uscito senza troppe conseguenze negative.
Il racconto dell’esplosione della mina di Mattia Sorbi
Nell’intervista di Mattia Sorbi rilasciata a Repubblica dall’ospedale racconta anche quello che è successo sulla strada verso Olksandrivka. “Eravamo nel contesto della famosa controffensiva ucraina verso sud”, il desiderio era quello di visitare Mykolaiv, ma l’esercito ucraino lo ferma e costringe a tornare indietro, ed allora il piano di Sorbi diventa quello di visitare Olksandrivka. “Risultava zona grigia e al check point ucraino mi hanno fatto passare”, con l’indicazione di prestare attenzione.
“Non volava una mosca”, racconta Mattia Sorbi dall’ospedale, “dico al driver di andare verso il centro di Olksandrivka invece lui si perde completamente”. La tranquillità della zona, però, spinge il driver e Sorbi a procedere senza troppe premure, il gps torna a funzionare e recuperano la strada. “Vediamo alcuni mezzi bruciati”, ricorda, “appena superiamo il primo mezzo saltiamo su una mina cluster”. “Il driver è morto in 10 minuti”, Sorbi scende dal mezzo, pensando che fossero soggetto al fuoco dell’esercito, “ma i colpi non arrivavano”. Lì realizza, ricoperto di sangue, risale in auto e attende. “Dopo mezz’ora sento spari (..), pochi colpi non continuativi”, continua il racconto Sorbi, “passa un’altra mezz’ora e dalla strada vicino al fiume sbucano quattro soldati con i simboli russi”.
Mattia Sorbi: “Trappola ucraina? Impossibile”
Insomma, Mattia Sorbi si trova spaesato, con gli occhiali coperti di sangue, ma vivo, “mi hanno messo in un sacco per feriti, trascinandomi verso il fiume”. La prima tappa era una capanna lungo il fiume, “mi hanno stabilizzato e fatto una siringa antidolorifica”, poi un’ora dopo era a Kherson, in un ospedale ucraino occupato dai russi. Su quanto sia successo, Sorbi non sembra avere dubbi, “siamo finiti oltre la linea rossa e non ce ne siamo accorti”. Un semplice errore valutativo, tanto che “avevo ancora elmetto e corpetto antiproiettile nel baule”.
L’obiettivo di Mattia Sorbi era quello di raccontare la controffensiva ucraina per conto di Radio24 e Tgcom, anche se ora qualcuno parla di lui come di una spia russa. Accuse completamente smentite da Sorbi, che ricorda anche come “nel 2014 lavoravo per la tv ucraina”. Anche sul fatto che si possa trattare di una trappola ucraina, Mattia Sorbi non ha dubbi, “assolutamente no: il check point non mi conosceva, impossibile e l’idea del viaggio è mia”, e ricorda anche come in ospedale i russi gli hanno chiesto cosa fosse successo, “ho detto della mina, poi hanno detto la loro teoria, e io sono stato zitto ad ascoltare“.