Chi era Mattia Torre, autore e sceneggiatore: da “Boris” a “Parla con me”
Mattia Torre, chi era e come è morto l’autore, sceneggiatura e scrittore vincitore di un David di Donatello per il film “Figli”. Formatosi nell’ambiente teatrale capitolino, ha cominciato a muovere i primi passi come autore di alcuni lavori teatrali con Giacomo Ciarrapico come “L’ufficio”, “Io non c’entro”, “Tutto a posto” e “Piccole anime”. Nel 2000 ha pubblicato il libro “Faleminderit Aprile ’99 Albania durante la guerra” in cui ha raccontato un viaggio in Albania poco prima della guerra del Kosovo. Nel 2002 ha co-scritto con Luca Vendruscolo il lungometraggio “Piovono mucche” con cui ha vinto il Premio Solinas per la sceneggiatura, mentre l’anno dopo con Valerio Aprea ha scritto il monologo teatrale “In mezzo al mare” con cui ha vinto la rassegna Attori in cerca di autore al teatro Valle di Roma.
Non solo, è tra gli autori del programma “Parla con me” di Serena Dandini, ha lavorato a I Cesaroni fino alla serie “Boris”. Tra i tanti lavori segnaliamo anche la serie “La linea verticale”, disponibile su RaiPlay, in cui ha raccontato la sua battaglia contro il cancro. Una battaglia che purtroppo non è riuscito a vincere, visto che il 19 luglio 2019 è morto all’età di 47 anni. Dopo la morte ha vinto il Premio David di Donatello per la sceneggiatura del film “Figli”.
Mattia Torre, la morte e il Premio David di Donatello ritirato dalla figlia Emma
“Bravo papà! Sei riuscito a vincere questo premio anche se non ci sei più” ha detto la figlia Emma chiamata a ritirare il Premio David di Donatello ricevuto dal padre Mattia Torre per la sceneggiatura del film “Figli”. Con lei sul palco la compagna Francesca che parlando della figlia ha detto: “Emma toglie il fiato quando parla, l’ha ereditato da Mattia”. La donna ha poi raccontato il primo incontro con il suo Mattia: “ci siamo conosciuti nel 2005 tramite amici nella sua casa. Mi guardava da lontano. C’era un via vai di gente, si facevano le quattro del mattino a vedere film, a scherzare e bere birra. Un giorno al mare mi disse: ho molta voglia di baciarti. Dissi no. Allora ti abbraccio. Sono stati 15 anni di amore. Eravamo complici in tutto e per tutto, l’incontro di anime gemelle da cui sono nati Emma e Nico”.
Poi il ricordo della malattia: “era già in metastasi a un rene quando l’ha saputo, doveva vivere due anni e invece sono stati quattro. Davanti a una pizza pensò a come dovesse essere il suo funerale, nella sua chiesa che era il teatro Ambra Jovinelli. Voleva essere ricordato dai suoi amici, Valerio Mastandrea, Valerio Aprea, Pietro Sermonti… Ridevamo e piangevamo, fu un trionfo. Mattia non aveva famiglia d’origine, figlio unico, il papà morto, la mamma vive in Svizzera. La sua rete di salvataggio eravamo noi e i suoi amici. Diceva che le sue ceneri dovevano essere esposte con un bicchiere di Chardonnay. Mattia era un uomo fuori dall’ordinario che rise della malattia e della morte”.